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18 Aprile 2019

Dea Capital, ok dei soci a bilancio

di G.I.

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Via libera dell'assemblea di Dea Capital al bilancio 2018, al rinnovo degli organi sociali e, in sede straordinaria, all'annullamento di 40 milioni di azioni proprie. Quest'ultima risoluzione ha portato la De Agostini a salire al 67,1% del capitale di Dea Capital dal precedente 58,3%, ma senza alcun effetto sui suoi diritti di voto, che erano già al 67% e lì restano perchè la De Agostini ha rinunciato al voto maggiorato nella società, che è la capofila del gruppo novarese per gli investimenti in private equity e nel settore dell'alternative asset management.

In sede ordinaria, l'assemblea ha approvato il bilancio 2018, chiuso con asset in gestione per 11,9 miliardi di euro e un risultato netto gestionale di 15,3 milioni (+14%). Via libera poi alla distribuzione parziale della Riserva Sovrapprezzo a titolo di dividendo straordinario nella misura di 0,12 euro per azione e alla nomina dei nuovi organi sociali, con Lorenzo Pellicioli e Paolo Ceretti confermati rispettivamente presidente e amministratore delegato.

Autorizzati anche un nuovo piano di acquisto e disposizione di azioni proprie, fino a 53,3 milioni di azioni (20% del capitale), un nuovo piano di incentivazione per il management e il piano di stock grant per l'a.d. L'annullamento dei 40 milioni di azioni proprie - ha spiegato l'a.d. Ceretti - è stato deciso, perchè per effetto di acquisti di azioni e del voto doppio dell'azionista De Agostini, il flottante era sceso sotto il 20% e quindi veniva a mancare uno dei requisiti di permanenza nel segmento Star, che "è un segmento che presenta vantaggi. Si è deciso così di ripristinare il flottante, che è del 30% post-annullamento", anche perchè "l'azionista De Agostini ha deciso di rinunciare al voto maggiorato". Quindi ora "la partecipazione azionaria corrisponde con i diritti di voto". Ceretti ha rilevato che Dea Capital ha "un portafoglio di azionisti veramente variegato. Si è molto articolata la presenza di fondi istituzionali, non solo europei". Tra di loro - in base alle più recenti risultanze societarie - vi sono il fondo sovrano della Norvegia e quello di Abu Dhabi.

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