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30 Gennaio 2016

Caniggia, inevitabile M&A per i fondi immobiliari

di Enrico Casadei

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È inevitabile un periodo di M&A nel settore dei fondi immobiliare. Altrimenti non ci potrà essere sviluppo e competizione su scala sovranazionale. Ne è convinto Emanuele Caniggia, AD di Idea Fimit Sgr, che ha espresso le proprie idee in occasione del Re Italy Winter Forum 2016 organizzato da MonitorImmobiliare.

Il 2015, ha spiegato infatti Caniggia, è stato un anno positivo per quanto riguarda il livello di masse nelle operazioni complessivamente considerate, a circa sette miliardi di euro, ma è auspicabile una concentrazione non solo delle Sgr, ma anche dei fondi gestiti. Infatti anche se i 400 fondi esistenti attualmente in Italia hanno in media 130 milioni di asset under management “la realtà ci dice che ci sono fondi che superano il miliardo di masse e fondi, decisamente sotto proporzionati, con solo 50/80 milioni in gestione”.

“Non è solo una mia credenza – ha detto il numero uno dell’Sgr del gruppo Idea Fimit – bensì lo dicono i numeri”. Le società di gestione che stanno sotto i 3 miliardi di AUM fanno molta fatica a erogare il servizio come dovrebbe essere fornito. I soli costi di gestione, indicativamente pari allo 0,3%, diventerebbero proibitivi. “Su 80 milioni parliamo di poco più di 200 mila euro l’anno. Fare asset management con questa cifra – ha chiarito Caniggia – rende davvero complicato starci dentro”. Senza contare, per esempio, che i fondi tedeschi hanno una media di oltre un miliardo di masse e quelli olandesi di oltre due miliardi.

“È difficile fare una politica di asset management e di gestione su delle masse così piccole”, ha ripetuto ulteriormente Caniggia puntualizzando quindi come sia necessario puntare a un mercato con dimensioni maggiori. “Servono meno operatori che dovrebbero avere più disponibilità, in modo da poter fare anche spese di R&S”, senza le quali non è possibile neanche una competizione fuori dai confini nazionali. “Infatti quanti operatori italiani sono presenti in Europa? Nessuno. Al contrario in Italia abbiamo diversi operatori internazionali e i fondi paneuropei non sono mai lanciati da soggetti italiani perché non hanno le competenze. Lo sviluppo che dobbiamo fare – ha concluso il top manager – è figlio delle dimensioni, che poi diventa un vantaggio per tutti”.

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