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15 Maggio 2025
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Non è possibile privilegiare gli agenti immobiliari tradizionali rispetto agli operatori che ricorrono a ai sistemi di pagamento digitali. Lo sostiene l’Antitrust, che interviene nel dibattito sulla cosiddetta tassa Airbnb, ovvero l’obbligo da parte degli intermediari di affitto turistico di raccogliere le tasse per conto dei proprietari e poi versarle al fisco.
Attraverso una segnalazione al ministero dell’Economia, il garante boccia la norma inserita nella “manovrina” e applicata a partire da settembre, che conterrebbe obblighi non proporzionati per chi, puntando sul digitale, si troverebbe a dover agire da sostituto d’imposta. La prevenzione dell’evasione fiscale rimane un obiettivo condivisibile, ma senza incorrere a modalità che possano alterare le dinamiche concorrenziali tra gli operatori.
Una piccola vittoria per Airbnb, che però non cambia lo stato delle cose. La segnalazione non è vincolante, mentre l’ultimo parere ufficiale, il ricorso al Tar della multinazionale respinto ad ottobre, va in direzione opposta.
Airbnb prosegue la sua battaglia attraverso nuove proposte: la prima è di far scendere la cedolare dal 21 al 10%, ma un emendamento alla legge di Bilancio che prevedeva questo incentivo, presentato nei giorni scorsi al Senato dal Pd, è stato poi ritirato. L'altra è di far cadere il vincolo del sostituto di imposta. L'Antitrust suggerisce che l'obiettivo di emersione del nero potrebbe essere raggiunto anche senza questo obbligo, chiedendo solo alle piattaforme di trasmettere al Fisco i dati dei contratti di affitto. Obbligo che varrebbe sia per quelle che trasmettono i pagamenti, sia per le altre.
Se dovessero fallire tutti gli interventi in sede nazionale, la multinazionale è pronta a portare il proprio caso in sede europea.
È online il nuovo numero di REview. Questa settimana: Demanio: partenariato pubblico-priva
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