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Mancano ormai pochi giorni alle Assemblee degli obbligazionisti di Astaldi, chiamati a dare il loro voto sull'operazione di concordato preventivo in continuità. E' la fine di un lungo percorso iniziato il 28 settembre del 2018, quando Astaldi ha presentato presso il tribunale di Roma domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Il deterioramento dello scenario macroeconomico, la dilatazione dei tempi di pagamento da parte degli enti pubblici, il mancato incasso dei crediti maturati, uniti alla crisi del settore infrastrutturale italiano hanno portato uno dei primi gruppi del paese sull'orlo del fallimento. Da qui la necessità di avviare il rilancio che vivrà a breve i suoi giorni della verità.
La prima convocazione dell'assemblea degli obbligazionisti è fissata per il 25 febbraio alle ore 10, presso il Centro Congressi dell'Hotel Cristoforo Colombo, a Roma; la seconda è prevista il 10 marzo e la terza, qualora non si raggiungesse il quorum nelle prime due, il 24 marzo. L'esito delle votazioni sarà reso pubblico all'adunanza dei creditori che si terrà il 26 marzo per voce di Tiziano Onesti, nominato rappresentante comune degli obbligazionisti. Qualora il voto fosse contrario all'ipotesi di concordato, questo non basterebbe da solo a far saltare l'operazione. Decisivo, infatti, sarà il voto della successiva assemblea dei creditori, in quanto gli obbligazionisti rappresentano una minoranza del numero totale di creditori.
A pesare sulla bilancia del "sì" la consapevolezza che la proposta di concordato consente di salvaguardare l'avviamento della società permettendo ai creditori attuali di Astaldi di diventare azionisti della nuova Astaldi. La società rientrerà sotto la gestione del nuovo socio di riferimento, Salini Impregilo, e sarà coinvolta nel progetto WeBuild, un piano che prevede la nascita di un grande gruppo mondiale delle costruzioni. Nel caso infatti il concordato in continuità dovesse avere esito positivo i creditori chirografari (i cui crediti al 28 settembre 2018 ammontano a 3.433 milioni di euro) diventeranno proprietari di azioni Astaldi che gli permetteranno di beneficiare della continuità dell'attività industriale del Gruppo, e Strumenti Finanziari Partecipativi, tramite i quali potranno beneficiare del cash-in dalla vendita degli asset non più strategici.
L'offerta vincolante di Salini Impregilo
L'offerta presentata da Salini Impregilo prevede un aumento di capitale per cassa pari a 225 milioni di euro e destinato al pagamento dei crediti privilegiati e prededucibili, nonchè al servizio del piano di continuità. Oltre a questo prevede anche la soddisfazione parziale dei creditori chirografari con l'attribuzione in loro favore, sia di azioni derivanti dalla parziale conversione dei crediti, sia di strumenti finanziari partecipativi emessi dalla società a valere sulla liquidazione degli asset non core segregati a loro favore.
Al termine dell'operazione, Salini Impregilo diverrà il socio principale di Astaldi, con il 65% del capitale sociale. Anche i creditori chirografari diventeranno soci della nuova Astaldi, convertendo in azioni i propri crediti, con una percentuale complessiva pari al 28,5% del capitale sociale. Mentre gli attuali azionisti della società manterranno una percentuale di partecipazione pari al 6,5%. L'offerta di Salini Impregilo rientra all'interno di una più ampia operazione di consolidamento industriale, avviata con il Progetto Italia, che darà vita al gruppo WeBuild. Alla base, l'idea di costituire un grande gruppo delle costruzioni che possa supportare la ripresa del settore e aumentare la competitività delle aziende italiane sui mercati internazionali. Quello che nascerà, anche grazie all'operazione Astaldi, sarà un gruppo di dimensioni globali, con caratteristiche finanziarie, capitale umano, esperienza, attitudine innovativa, eccellenze pari a quelle dei più grandi player mondiali. Un obiettivo raggiungibile anche grazie al supporto di un investitore istituzionale come CDP Equity e delle principali banche del paese (Unicredit, Intesa San Paolo, Banco Popolare BPM). L'eventuale esito negativo del voto dei creditori al piano concordatario aprirebbe un doppio scenario, preoccupante per il futuro dell'azienda.
Da un lato, infatti, Astaldi potrebbe essere affidata a un'amministrazione straordinaria; dall'altro potrebbe aprirsi la procedura di fallimento. Il primo scenario, quello dell'amministrazione straordinaria, prevede un periodo di 3-6 mesi necessario per il pieno coinvolgimento dei commissari straordinari nei processi di gestione aziendale, rischiando che l'operatività dell'azienda subisca un significativo rallentamento, tanto da un punto di vista decisionale quanto per far fronte alle esigenze di cassa di breve termine. A questo si aggiunge poi il rischio che si verifichino effetti negativi sulla tenuta dei contratti di appalto in essere e sulla prosecuzione delle commesse. Ancora più negativo sarebbe l'avverarsi del secondo scenario, quello del fallimento. In questo caso l'effetto sui contratti di appalto attualmente in capo ad Astaldi potrebbe essere ancora peggiorativo rispetto a una procedura di amministrazione straordinaria in termini di perdita di valore degli asset materiali, di minori flussi di entrata derivanti dal mancato realizzo di marginalità positive sulle commesse e di maggiori passività potenziali. In sostanza, ogni alternativa alla proposta di concordato in continuità aziendale avrebbe effetti dirompenti sulla possibilità di una qualsiasi soddisfazione dei creditori chirografari.
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