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12 Dicembre 2013

Inzaghi (Uli): Italia a confronto con il modello inglese di sviluppo urbano sostenibile

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Condividere con i propri soci l’esperienza manageriale che il Regno Unito sta vivendo sulla razionalizzazione del patrimonio pubblico, aprendosi anche al confronto con le altre realtà europee.

 

Con questo obiettivo l’Urban Land Institute (Uli), organizzazione non profit internazionale di ricerca e formazione sull’utilizzo del suolo e lo sviluppo urbano sostenibile, ha organizzato, il 2 e 3 dicembre scorsi a Londra, una serie di iniziative cui ha partecipato anche la Fondazione Patrimonio Comune con la testimonianza dell’architetto Gloria Cerliani.

A raccontare l'esperienza e i contenuti del dibattito Guido Inzaghi, presidente di Uli Italia e partner dello studio Dla Piper.


"Dalla due giorni è emerso innanzitutto come la spending review e le rinnovate esigenze organizzative ed il supporto tecnologico abbiano sostanzialmente ridisegnato l'esigenza negli spazi lavorativi necessari.

 

Per questi motivi sono stati ridefiniti gli standard minimi e si è dato vita a un gruppo di esperti per valutare come la dotazione immobiliare posseduta ed utilizzata dal governo inglese potesse essere in linea con i nuovi standard.

 

Questo lavoro, avviato due anni fa, è adesso arrivato ad un punto cruciale: sono già stati individuati gli immobili da riqualificare seguendo non solo i nuovi modelli spaziali, ma anche agli standard di costo gestionale definiti dalla ricerca.

 

Inoltre, il gruppo di lavoro ha identificato le nuove esigenze e soprattutto individuato gli immobili che non potranno più essere usati per scopi governativi.

 

Ed è su questi ultimi, localizzati in tutto il Paese, che si sta avviando un programma di riutilizzo, che coinvolgerà dapprima le università chiamate a disegnare gli scenari possibili da proporre poi ai rappresentanti dei territori.

 

A questo dibattito, Fpc ha portato la sua esperienza e la rappresentazione del caso italiano, soprattutto per quanto concerne il riutilizzo degli edifici di pregio storico-artistico e la diversità della nostra nazione nei confronti del Regno Unito riguardo la proprietà pubblica, che è prevalentemente in mano ai Comuni.

 

Altrettanto importante è stata la possibilità di confrontarsi con un nuovo modello organizzativo che, pur avendo un'impostazione centralistica, segue una via di osservazione ed ascolto per la valorizzazione dei territori.

 

Il tutto con il risultato di sviluppare una sinergia, un coinvolgimento ed un'apertura al dialogo che almeno dal punto di vista del consenso, ha una forte componente di successo.

 

Vi sono molte differenze tra il modello inglese, dove la proprietà e la leva urbanistica per la valorizzazione degli immobili sono statali, da quello italiano dove lo Stato, federalismo demaniale a parte, è proprietario dei beni, mentre la leva immobiliare è in mano ai Comuni.

 

Malgrado questa differenza di base, è molto importante il confronto con questo modello fortemente centralizzato, che presenta indubbi vantaggi per la semplificazione e snellimento del processo di valorizzazione immobiliare.

 

E sono molto interessanti l’idea anglosassone di coinvolgere al massimo le università nell’individuazione dei migliori percorsi di valorizzazione degli immobili non utilizzati a scopi governativi.

 

Mentre da parte sua l’Italia potrebbe far valere l’esperienza finanziaria del sistema integrato dei fondi immobiliari.

 

Una prerogativa tutta italiana che ha già dato buoni risultati nel settore del social housing e che presenta importanti orizzonti di sviluppo anche per la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico".

 

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È online il nuovo numero di REview. Questa settimana:   Student Housing: accordo per 800 nuovi