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26 Ottobre 2022

La bozza della riforma del Codice degli appalti passa al Governo Meloni

di Luigi Donato, Presidente del Consiglio di Sorveglianza Sidief

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La Commissione presso il Consiglio di Stato, rispettando i tempi della legge delega di giugno, ha consegnato la bozza di riforma del Codice degli appalti al Presidente Draghi. In tempo, quindi, anche per inserirla tra i dossier che passano (adeguatamente istruiti) al nuovo Governo. 

La prima domanda, istintiva, è se la tanto auspicata semplificazione, attraverso l’allineamento alle direttive europee si potrà, con queste norme, davvero realizzare. In base alle prime impressioni emerge che gli articoli non sono di meno rispetto al Codice vigente (230), che il testo è più stringato, che gli allegati non mancano; notevole è lo sforzo di costruire un disegno organico e per questo si parte da una serie articolata di principi generali. Tra questi spicca quello dell’equilibrio contrattuale (con la rinegoziazione in caso di eventi straordinari di mercato).

Si mira a superare il paradigma secondo cui la corruzione si combatte attraverso un percorso ad ostacoli a favore di una visione che punta, oltre che alla trasparenza, sulla completa digitalizzazione delle procedure e delle banche dati (compreso il Fascicolo virtuale dell’operatore economico), sull’e-procurement, sul BIM (obbligatorio però dal 2025), sul controllo dell’accesso al mercato, sulla qualificazione delle stazioni appaltanti (che comunque si delinea come quantomeno complicata).

Viene confermato l’approccio contenuto nelle recenti leggi di semplificazione di consentire l’appalto integrato e di prevedere per le procedure inferiori alle soglie europee (5.382.000 per lavori e concessioni) le procedure negoziate (e gli affidamenti diretti per quelle minori). Si nota una maggiore precisione delle disposizioni sugli atti preparatori e sui bandi, nonché sui criteri di selezione delle offerte. Per i criteri di aggiudicazione degli appalti (che sono il centro della competizione per l’aggiudicazione) resta prevalente l'offerta economicamente più vantaggiosa (obbligatoria per gli affidamenti di appalto integrato); resta il costo del ciclo di vita per la comparazione costo/efficacia, su cui si prevede un allegato tecnico. 

Molto accurata risulta la disciplina del subappalto, imperniata su garanzie per evitare le infiltrazioni criminali, per tutelare i lavoratori, per assicurare la qualità dei lavori e dei servizi. 

L’impressione generale è quella di un miglioramento in termini di chiarezza delle norme, con l’auspicio di limitare i contenziosi che ostacolano l’esecuzione di contratti; del resto l’assetto di fondo dato dalle normativa europea costituisce un vincolo. Ma non mancano elementi innovazione da approfondire e, se sarà possibile di sperimentare. Oltre alle norme sul partenariato pubblico-privato, al contraente generale e alla finanza di progetto, vanno segnalate quelle sul leasing per le opere pubbliche e sulla cessione di immobili in cambio di opere. 

In conclusione, regolare gli appalti vuol dire regolare dei procedimenti complessi con molti attori diversi e con contratti spesso complicati; piuttosto che un’analisi giuridica sarebbe ora utile un’analisi dei processi che le norme proposte predispongono. In questa logica, e tenendo conto di allegati e altre disposizioni collaterali, si potrà verificare se, e in che misura, c’è una vera semplificazione. 

Le norme, infatti, non solo si contano, ma soprattutto si pesano. In questo caso nella logica di una difficile verifica dell’equilibrio raggiunto nella bozza tra legalità (che non manca: basta scorrere gli artt. 220/222 sui rinnovati più che robusti poteri dell’ANAC) e buon funzionamento (con il principio del risultato posto in evidenza accanto a quelli della fiducia, dell’auto-organizzazione amministrativa, dell’autonomia negoziale). 

Il futuro di questa bozza è ovviamente incerto, specie per l’avvio del nuovo Governo, che potrebbe anche optare per soluzioni (almeno parzialmente) diverse. Vedremo se nei prossimi giorni avremo indicazioni sulle prospettive di questo lavoro preparatorio. A quel punto sarà necessario che gli operatori, sia di matrice pubblica che di parte privata, possano esprimere le loro valutazioni perché da questa riforma, come ben chiaro nel PNRR, si gioca molto delle prospettive economiche del Paese, a partire dai lavori pubblici, ma non solo. All’incertezza e all’instabilità della normativa sugli appalti gli addetti ai lavori sono comunque, ormai, abituati. 

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