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23 Febbraio 2022

Dopo il Superbonus 110% vogliamo giocarci anche l'ESG?

di Maurizio Cannone, direttore Monitor

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Lo scandalo dei bonus per gli interventi in edilizia lo stiamo vedendo da giorni. A parte il ribrezzo di vedere come vengono dilapidati i soldi pubblici, il problema riguarderà le aziende che hanno pianificato la propria attività alla luce della normativa precedente. Sono molte ad aver inserito nel business plan ingenti ricavi da questa voce, in qualità di general contractor. Saranno tempi duri per diversi operatori anche dell’immobiliare. Senza citare il nome, in un progetto di quotazione, questa voce è valorizzata per 300 milioni di euro per il solo 2023. Detto che nella percezione comune bonus ora si affianca a truffa e la reputazione di quanti operano nei pressi delle costruzioni ne esce molto male, stiamo correndo il rischio che anche i criteri ambientali ESG, acronimo di Environmental, Social and Governance che definisce tre fattori centrali nella misurazione della sostenibilità di un investimento, facciano la stessa fine. Oggi tutto è dichiarato ESG conforme, senza peraltro specificare in che modo, dato che non esiste una normativa puntuale e verificabile. Un esempio? Emblema di come gli strumenti finanziari siano ESG a prescindere, l’emissione di bond di Webuild, che comunica di aver “definito la roadmap per la transizione climatica e presenta una nuova emissione obbligazionaria Sustainability Linked”. Ma andando a vedere, con molta fatica, di cosa si tratta, scatta la sorpresa. I 400 milioni dell’emissione (peraltro collocati tutti a poche ore dall’annuncio) col green non hanno nulla a che fare.

È scritto nero su bianco nel documento presentato e firmato da Pietro Salini, amministratore delegato di Webuild, che si può scaricare in allegato.

Scopo: rifinanziamento di parte dell’indebitamento esistente e scopi generali del gruppo.

Di green nessuna traccia.

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