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Dopo 22 anni la Roma dice addio alla Borsa. L’Opa a 0,45 euro per azione ha portato la partecipazione della Romulus and Remus Investments LLC che fa capo a al presidente della Roma Dan Friedkin a superare il 95% del totale azionario. Quindi il delisting è confermato.
Ormai sembra un’onda incontenibile. Sempre più aziende lasciano Piazza Affari e dovremmo preoccuparci tutti. Almeno leggendo le motivazioni che appaiono proprio sul sito della Roma: “L’uscita del club giallorosso dalla Borsa permetterà alla società di gestire i propri investimenti senza considerare i vincoli legati alla quotazione, concentrandosi sulla costruzione del nuovo stadio a Pietralata. Una società quotata è soggetta a molte pressioni, al contrario una società non quotata può essere gestita con maggiore focalizzazione e minor preoccupazione legata ai mercati finanziari”.
Bene. La Roma dice che essere quotati è un limite alla propria liberà di azione. Legittimo ma preoccupante. Perché essere quotati significa anche essere controllati, per quanto possibile, e quindi si decide di essere certificati quando si è sicuri di muovere nella massima trasparenza a favore anche dei propri investitori. Che non sono solo i risparmiatori che comprano le proprie azioni. Nel caso specifico, costruire un nuovo stadio significa fornire garanzie, in primo luogo al Comune di Roma. Uscire dalla Borsa ora forse creerà qualche difficoltà.
Certo è che l’emorragia da Piazza Affari pare incontenibile. E non è un buon segno riguardo alla gestione delle aziende.
È online il nuovo numero di REview. Questa settimana: AXA IM: focus su residenziale e hospitality BEI: social housing,
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