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6 Dicembre 2023

Gabetti: domanda di abitazione stabile, offerta in calo

di red

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Rimane stabile la domanda di abitazioni, mentre diminuisce l’offerta. È uno dei dati emersi dalla nuova survey “Le tendenze in atto nella ricerca della casa” dell’Ufficio Studi Gabetti, realizzata tra 200 agenzie affiliate al Gruppo.

Per il 41% degli intervistati, infatti, la domanda di immobili residenziali rimane stabile e solo il 18% di loro ritiene che sia in aumento. Per contro, al 43% degli affiliati risulta in diminuzione.

La maggior parte degli acquirenti (il 61%) sono famiglie. Tre su dieci sono coppie e il 10% sono single. La quasi totalità delle compravendite (il 90%) ha riguardato la prima casa. L’8% ha acquistato l’immobile come seconda casa e appena il 2% a fine di investimento.

La necessità di avere un vano in più, che per il 78% del campione rappresenta la ragione principale per la sostituzione dell’abitazione, può essere dovuta sia a un ampliamento della famiglia (un nuovo componente), sia all’esigenza di uno spazio per il lavoro da remoto. Segue, per il 63%, il bisogno di avere uno spazio esterno, giardino/terrazzo che, dopo le restrizioni della pandemia, diventa una caratteristica ormai standard. Terza, per ordine di priorità, la vicinanza ai servizi principali (per il 23%). Secondo il 21% dei rispondenti, gli acquirenti hanno la necessità di disporre di un posto auto/box e si mantiene al 15% l’idea di avere un immobile più performante, appartenente a una classe energetica più elevata.

Più della metà degli affiliati sostiene che l’acquisto di abitazione si è orientato verso la tipologia “appartamenti in contesti condominiali”. Per l’11% gli acquirenti hanno preferito una casa unifamiliare indipendente, per il 4% una villa indipendente e per il 3% una soluzione bifamiliare.

A livello di taglio dimensionale, gli immobili più ricercati sono stati i trilocali (per il 66% del campione) in crescita dell’8%, seguiti dai quadrilocali (per il 25%), a conferma di quanto il vano in più sia sempre più richiesti. Ma questo dipende molto dalla città: secondo l’Agenzia delle Entrate, ad esempio, in alcune grandi città, come Milano, il taglio dimensionale più transato è tra i 50 e gli 85 mq. Questo – sottolinea lo studio – perché, il combinato disposto tra aumento dei prezzi e dei tassi di interesse ha ridotto la capacità di spesa delle famiglie.

Come stato manutentivo, si preferiscono di poco gli immobili da riqualificare (per il 45%) rispetto a quelli già riqualificati (per il 44%), mentre solo per l’11% del campione gli acquirenti hanno optato per un immobile di nuova costruzione, tipologia che sconta più di altre l’aumento del costo medio di costruzione dei cantieri determinato dalla congiuntura macroeconomica.

La survey di Gabetti ha affrontato anche il tema delle classi energetiche. Il 15% dei rispondenti dichiara che, tra i motivi che hanno spinto gli acquirenti a sostituire la prima abitazione, vi è l’ottenimento di una classe energetica più elevata. Solo tre anni fa – sottolinea la ricerca – la classe energetica non sarebbe rientrata tra le caratteristiche più richieste per la scelta dell’abitazione.

Il 35% degli affiliati ha inoltre risposto che le famiglie hanno una buona consapevolezza dei benefici di una classe energetica più elevata. Nel dettaglio il 25% sostiene che le famiglie lo fanno per un risparmio energetico a livello di spese e il 10% per ottenere un aumento del valore dell’immobile. Per un’altra buona fetta degli affiliati (33%) le famiglie non considerano l’efficienza energetica un elemento determinante per l’acquisto di un immobile, e per il 31% gli acquirenti hanno poca consapevolezza sull’argomento.

Il 64% dei rispondenti alla survey ha dichiarato che l’aumento dei tassi ha causato una frenata nell’acquisto di abitazioni. I fattori di rischio che preoccupano maggiormente riguardano soprattutto un possibile ulteriore rialzo dei tassi dei mutui (85%). Altri fattori percepiti come rischiosi riguardano l’aumento dell’inflazione (37%), quello dei costi dei materiali edili per le nuove costruzioni e ristrutturazioni (36%), la diminuzione dell’offerta degli immobili (27%) e l’aumento del costo dell’energia (6%).

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