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4 Dicembre 2023

Cina: al default dei colossi del mattone si unisce quello crescente dei mutuatari

di Carlos Garcia

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Un colosso cinese (Evergrande) sull’orlo del fallimento: se entro il 29 gennaio (notizia di oggi) non presenterà all’Alta Corte di Hong Kong un piano di ristrutturazione valido, l’istanza di liquidazione avanzata da qualche creditore verrà accolta. Un altro (Country Garden) che ammette candidamente nemmeno un mese fa di non essere più in grado di onorare i debiti offshore per circa 11 miliardi di dollari di obbligazioni. E che, nel frattempo, ha visto precipitare in cinque anni il valore delle sue azioni da 13,16 HKD ad aprile 2019 a 0,85 HKD di oggi.

Le vendite di abitazioni nella Repubblica Popolare sono diminuite del 6,8% nei primi dieci mesi del 2023 a/a. Gli investimenti, nello stesso periodo, pure: -9,3% da gennaio a ottobre.

A essere in default, però, non sono soltanto i colossi immobiliari ma anche chi la casa l’ha comprata grazie a un mutuo e ora si rende conto di non riuscire a pagare le rate. Secondo il Financial Times, la bancarotta dei mutuatari cinesi ha raggiunto i record registrati ancor prima della pandemia.  I dati pubblicati dal quotidiano inglese parlano di oltre otto milioni e mezzo di persone che non ce la fanno a onorare i propri debiti, che si tratti di mutui immobiliari o di prestiti commerciali. La fatica maggiore la fa chi ha un’età tra 18 e 59 anni, sostiene il FT. Una forchetta di popolazione troppo aperta.

È vero che otto milioni e mezzo di persone su una popolazione di circa un miliardo e 400 milioni di persone rappresenta una percentuale assai bassa. Ma si può ritenere altrettanto vero che i morosi sono in deciso aumento rispetto ai cinque milioni e mezzo di tre anni fa. Il problema è che il Covid, con i relativi blocchi e le dovute restrizioni, ha bloccato ogni crescita e “asfaltato” i redditi. Ma, soprattutto, non ci sono delle leggi sul fallimento personale in Cina in grado di agevolare l’uscita dal debito.

Chi al di là della Muraglia finisce nella lista nera dei cattivi pagatori perché citato a giudizio da un creditore (ad esempio, una banca) subisce delle restrizioni di tipo economico imposte dallo Stato. Non può, per esempio, fare un acquisto e pagare con l’app del telefonino oppure comprare determinati beni. Non può nemmeno accedere a un lavoro pubblico o – in alcuni casi – circolare su una strada a pedaggio. Allo stato attuale, dunque, otto milioni e mezzo di persone non solo non riescono a pagare i debiti ma non possono nemmeno contribuire attivamente a muovere un’economia già in difficoltà.

Dice l’Istituto nazionale per la Finanza e lo Sviluppo, secondo quanto riporta Repubblica, che il debito delle famiglie, in percentuale del prodotto interno lordo, è quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni, raggiungendo il 64% a settembre. Sempre più cinesi hanno smesso di pagare le bollette perché non hanno soldi per farlo. La disoccupazione giovanile supera il 20% della popolazione attiva. E il capo economista della Hang Seng Bank Cina, Dan Wang, forse evocando la Legge di Murphy, dice: "La situazione potrebbe peggiorare prima di migliorare”.

In estrema sintesi: i due maggiori colossi cinesi del mattone non hanno più soldi da investire nel mercato immobiliare. Sempre più mutuatari non hanno più i soldi per pagare i debiti. Quattro giovani su dieci non hanno un lavoro per guadagnare i soldi che servono per comprare una casa (a meno che siano ricchi di famiglia o i genitori abbiano messo via dei risparmi a tale scopo). E poi c’è la Legge di Murphy.

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