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20 Aprile 2024

Analisi: La Direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive)

di Maria Deledda, Counsel e Marco Rota Candiani, Partner di Hogan Lovells

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Il contenuto della direttiva EPBD si è prestato nell’ultimo anno a vere e proprie leggende metropolitane, come l’asserito divieto di vendita di immobili a bassa classe energetica o l’obbligo generalizzato di intervenire sui medesimi con scadenze mai realmente previste. 

Vero è che dal 2021 il testo della direttiva ha subito diversi cambiamenti, passando da una prima proposta in cui si prevedeva un salto di classe di prestazione energetica per tutto il patrimonio immobiliare ad un testo finale in cui si lascia maggiore libertà a ciascuno Stato Membro di individuare le modalità per raggiungere gli obiettivi previsti (tenendo fermi alcuni principi, tra cui il fatto che il 55% del risparmio energetico totale dovrà essere ottenuto tramite interventi sul 43% degli edifici residenziali meno performanti).


Ora che il testo della direttiva è diventato definitivo e se ne attende la pubblicazione in Gazzetta (a partire dalla quale decorreranno i 2 anni per il recepimento in legge da parte di ciascuno degli Stati Membri), si apre l’onere di capire (veramente) cosa prevede il testo per comprendere e analizzare cosa succederà nei prossimi anni.
Uno dei quesiti da risolvere sarà sicuramente dove reperire i fondi per gli interventi, tenuto conto che la direttiva non prevede finanziamenti europei specifici (gli Stati Membri potranno comunque attingere ai fondi UE, tra cui il Fondo sociale per il clima, il Recovery fund e i Fondi di sviluppo regionale).


Vediamo le principali novità: 

1-Piano nazionale di ristrutturazione degli edifici
Ogni Stato, al fine di conseguire l’obiettivo generale della direttiva (patrimonio edilizio a emissioni zero entro il 2050) dovrà raccogliere i dati sul proprio parco immobiliare e indicare le misure da implementare in un piano nazionale, che dovrà essere presentato in prima battuta entro il 31 dicembre 2025 e successivamente ogni 5 anni. Il Piano sarà sottoposto al controllo della Commissione (che potrà esprimere “raccomandazioni”) e dovrà indicare tra le varie cose gli interventi da realizzare sugli edifici esistenti. 

2-Edifici esistenti
Le misure da adottare sul patrimonio edilizio residenziale esistente dovranno comportare la riduzione del consumo medio di una percentuale crescente (16% rispetto al 2020 entro il 2030, e via andare in percentuali crescenti); tale obiettivo dovrà essere ottenuto efficientando del 55% almeno il 43% degli edifici residenziali con le prestazioni energetiche peggiori. Analoghi obiettivi (con percentuali crescenti simili) sono previsti per gli edifici non residenziali.

È agevole ritenere che – in sede di prima attuazione- un punto cruciale riguarderà i criteri per identificare questo 43% di edifici residenziali che dovranno essere efficientati.

Gli Stati Membri sono inoltre lasciati liberi di prevedere eccezioni agli obblighi di intervento sugli edifici esistenti per alcune categorie di immobili: tra questi, gli edifici sotto tutela e le seconde case (purché si tratti di case con permanenza non superiore a 4 mesi/anno o, in alternativa, con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo annuale e una permanenza annua limitata). 

3-Edifici nuovi e ristrutturazioni
Gli edifici privati di nuova costruzione dovranno essere ad emissioni zero a decorrere dal 1° gennaio 2030 (1° gennaio 2028 per gli edifici pubblici). Fino a tali scadenze, gli Stati Membri dovranno provvedere affinché tutti gli edifici di nuova costruzione siano almeno a energia quasi zero (ovvero edifici ad altissima prestazione energetica il cui fabbisogno energetico sia significativamente coperto da energia da fonti rinnovabili).
Anche per le ristrutturazioni importanti (definite come quelle ristrutturazioni il cui valore supera il 25% del valore dell’edificio, o in alternativa il 25 % della superficie dell’involucro dell’edificio) dovranno essere adottate misure per garantire che la prestazione energetica sia migliorata al fine di soddisfare, “per quanto tecnicamente, funzionalmente ed economicamente fattibile”, i requisiti minimi che verranno stabiliti in base ai criteri indicati dalla direttiva.

4-Attestati di prestazione energetica (APE) e passaporto energetico
Il nuovo APE, oltre a includere i nuovi requisiti previsti dalla direttiva, dovrà contenere anche raccomandazioni - tecnicamente fattibili per l'edificio- per migliorarne le prestazioni energetiche.
È prevista inoltre la possibilità per gli Stati Membri di introdurre un "passaporto di ristrutturazione", i.e. una “roadmap su misura” per la ristrutturazione profonda di un edificio in un numero massimo di fasi che ne miglioreranno sensibilmente la prestazione energetica; tale passaporto sostituirà le raccomandazioni dell’APE e potrà essere rilasciato contestualmente. 

5-Sanzioni 
Saranno gli Stati Membri a stabilire le norme relative alle sanzioni in caso di violazione della normativa adottata. La direttiva prevede in linea di massima che queste debbono essere effettive, dissuasive e proporzionate rispetto alla situazione finanziaria dei proprietari delle abitazioni (con un occhio di riguardo per le famiglie vulnerabili).

6-Conclusioni
Tenuto conto delle caratteristiche del patrimonio edilizio italiano, è prevedibile che la direttiva avrà un impatto significativo sul mercato immobiliare nei prossimi anni. 
L’Italia infatti -secondo stime ANCE- ha circa il 60% degli edifici si trova nelle due classi energetiche più basse, contro il 17% in Francia e il 6% in Germania.
Il lavoro da fare sarà quindi significativo, e questo anche se l’efficientamento (già) realizzato tramite il Superbonus dovrebbe verosimilmente essere computato ai fini degli obiettivi posti della direttiva (tenuto conto che il periodo di riferimento parte dal 2020).

È inutile dire che uno dei nodi principali da sciogliere a seguito del recepimento ruoterà intorno ai fondi e ai finanziamenti che verranno messi a disposizione. 

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