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4 Settembre 2024

Investitori istituzionali italiani: il mercato raggiunge quasi 1.000 mld di euro (Video)

di Red

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Il patrimonio complessivo degli investitori istituzionali italiani ammonta a 993 miliardi di euro, pari a circa il 48% del PIL nazionale. Dopo le perdite registrate l'anno precedente, i rendimenti del 2023 tornano positivi grazie al recupero dei mercati finanziari: +4,9% per le Fondazioni di origine bancaria, +6,7% per i fondi negoziali, +4,4% per i fondi preesistenti, +7,9% per i fondi aperti e +8,4% per i PIP di ramo III. Questi i dati del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali che ha presentato l'Undicesimo Report sugli investitori istituzionali italiani.

Per gli investitori istituzionali restano ampi i margini di incremento per gli investimenti in economia reale. È stata rilevata la necessità di favorire il reinvestimento di una maggiore quota del TFR confluito ai fondi pensione nel sistema produttivo. Dopo la flessione registrata lo scorso anno a causa dell'andamento negativo dei mercati finanziari, a fine 2023 torna a crescere il patrimonio degli investitori istituzionali (welfare contrattuale e fondazionale), passato dai 142,85 miliardi di euro del 2007 ai 295,97 miliardi del 2023, con un incremento del 107%. Di questi, circa l'80% è affidato direttamente o indirettamente a gestori professionali. In percentuale del PIL, il patrimonio di fondi pensione negoziali e preesistenti, Casse Privatizzate, Fondazioni di origine bancaria e forme di assistenza sanitaria integrativa è pari al 14,2%; includendo anche il welfare privato (Compagnie di Assicurazione del settore vita, rami I, IV e V, fondi aperti e PIP), tale rapporto aumenta al 48%.

Il ritratto emerso dall'Undicesimo Report annuale Itinerari Previdenziali "Investitori istituzionali italiani: iscritti risorse e gestori per l'anno 2023", presentato questa mattina nella Sala Parterre di Borsa Italiana, è quello di un Paese che negli anni è riuscito a conservare e consolidare il proprio mercato istituzionale, resistendo a scenari avversi e raggiungendo una dimensione rilevante anche nel confronto internazionale. "Guardando ad esempio alla sola previdenza complementare, se si considera che il rapporto tra il patrimonio dei fondi pensione e il PIL è di poco superiore all'11%, quando in molti altri Paesi supera il 50%, risulta evidente come il nostro sia un mercato già molto interessante ma con alte potenzialità di sviluppo", ha commentato il Professor Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Con un approccio prevalentemente quantitativo, il Report - realizzato con cadenza annuale a partire dai bilanci ufficiali degli enti analizzati - illustra caratteristiche e attività dei principali operatori del Paese indagandone tra i diversi aspetti anche numerosità, dimensione, rendimenti e composizione patrimoniale. Catalogando inoltre i soggetti gestori cui questi investitori affidano i propri patrimoni sia direttamente (tramite mandati di gestione) sia indirettamente (mediante l'acquisto di fondi d'investimento).

Nel dettaglio, come rilevato dall'undicesima edizione della pubblicazione, sono 300 i player istituzionali operativi a fine 2023 (30 in meno rispetto all'anno precedente). Si tratta di 86 Fondazioni di origine bancaria, 20 Casse Professionali Privatizzate, 33 fondi negoziali e 161 fondi preesistenti. A questi si aggiungono Casse e fondi di assistenza sanitaria integrativa: secondo gli ultimi dati ufficiali del Ministero della Salute sono 324 (fermi però al 2022). "Un numero sicuramente elevato", ha precisato il Professor Brambilla, "tanto più se si considera che i primi 50 fondi rappresentano da soli, per iscritti e patrimonio, i due terzi dell'intero settore e che alla sanità privata manca ancora una legge quadro che regolamenti in via definitiva un sistema sempre più rilevante per un Paese che invecchia come l'Italia". Verosimile e auspicabile dunque che si vada nel medio periodo verso una razionalizzazione di questi operatori.

Nel settore privato sono operativi 40 fondi pensione aperti e 68 PIP "nuovi" per un totale di 108 soggetti. Dei 68 PIP, 36 sono chiusi al collocamento.

Nonostante le tensioni geopolitiche nel 2023 l'andamento dei mercati finanziari ha beneficiato del raffreddamento dell'inflazione e della conseguente prospettiva di un allentamento delle condizioni monetarie da parte delle Banche Centrali. Le tendenze osservate sui mercati si sono riflesse sui risultati degli investitori istituzionali che hanno registrato in media rendimenti positivi: i PIP - Unit Linked e i fondi aperti hanno segnato performance rispettivamente pari a +8,4% (-11,5% nel 2022) e +7,9% (-10,7% nel 2022), seguiti dai fondi negoziali con +6,7% (-9,8% nel 2022) e dai fondi preesistenti con +4,4%; le Gestioni separate restano stabili all'1,3% e le Fondazioni di origine bancaria registrano un +4,9%. Per quanto riguarda il comparto dei fondi pensione i rendimenti conseguiti consentono di recuperare terreno dopo che nel 2022 per la prima volta dopo molti anni non sono stati battuti i parametri obiettivo (rivalutazione del TFR, inflazione e media quinquennale del PIL).

Valutando la redditività su orizzonti temporali più coerenti con il risparmio previdenziale emerge come la buona diversificazione degli investimenti abbia consentito di mantenere un vantaggio nella media a dieci anni sia per i rendimenti composti sia per quelli cumulati su inflazione e media quinquennale del PIL pareggiando il rendimento del TFR.

Nei primi sei mesi del 2024 gli investitori istituzionali registrano in media risultati positivi confermando quanto rilevato nel corso del 2023: +2.9% per i fondi pensione negoziali; +3.6% per i fondi aperti; +6.3% per i PIP di ramo III; mentre le gestioni separate di ramo I hanno segnato un +0.7%. Il TFR è cresciuto nel semestre dello +0.9%, l'inflazione mostra una netta decelerazione con un aumento dello +0.5%. L'anno in corso dovrebbe caratterizzarsi come un ulteriore recupero rispetto alle perdite registrate nel 2022 migliorando i rendimenti a cinque/dieci anni.

Crescono gli investimenti in economia reale nazionale finalizzati a generare ricadute positive per il territorio. Al netto degli investimenti in titoli di Stato italiani che pesano particolarmente sui portafogli delle Casse di Previdenza e dei fondi negoziali e degli immobili a uso strumentale anche per il 2023 le Fondazioni di origine bancaria si riconfermano i maggiori investitori nell'economia domestica con il 43% del patrimonio investito seppur sostenuto da un'esposizione nella banca conferitaria pari al 23.84%; seguono le Casse Privatizzate dei liberi professionisti con circa il 17%, mentre si conferma modesta la quota investita nel Paese da parte dei fondi pensione negoziali e preesistenti che si fermano rispettivamente al 5.17% e al 2.9% del patrimonio.

La soluzione più semplice per far sì che il TFR "circolante interno" alle aziende che alimenta soprattutto i fondi contrattuali rientri nell'economia reale è ripristinare il fondo di garanzia istituito dal D.Lgs. N.252/05 per facilitare il finanziamento delle PMI che versano il Trattamento di Fine Rapporto ai fondi pensione. Dal 2007 alla fine del 2023 ai fondi pensione sono confluiti circa 97.3 miliardi e meno della metà è stata investita in economia reale domestica applicando le stime più favorevoli mentre altri 98.5 miliardi sono stati sottratti alle aziende dai cinquanta dipendenti in su e confluiti all'INPS per spesa corrente. Una situazione critica che ha ampie ripercussioni sull'occupazione e sulla produttività contribuendo alla bassa crescita del nostro Paese. Sarebbe opportuno incrementare la percentuale del patrimonio investibile in economia domestica beneficiario di agevolazioni fiscali sui rendimenti sul modello dei PIR con esenzione totale.

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