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Stretta sulle costruzioni a Milano: non c'è rigenerazione senza espansione
di Istituto Bruno Leoni
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Dopo mesi di polemiche sul caro affitti a Milano, il comune finalmente ha agito: solo che lo ha fatto in senso opposto a quello desiderabile, annunciando una stretta sulle nuove costruzioni. La vicenda è complessa e merita di essere brevemente ricostruita.
Tutto ha inizio con gli avvisi di garanzia spiccati dalla procura meneghina verso imprenditori, progettisti e tecnici, ma anche funzionari e dirigenti del comune, per diversi presunti casi di abuso edilizio relativi all'edificazione di alcuni grattacieli (!). Per tutta risposta, l'amministrazione ha adottato nuove regole in modo da allinearsi "temporaneamente" alle contestazioni ricevute. Così, realizzare nuovi edifici - ma anche demolirne e ricostruirne di esistenti - richiederà procedure più lunghe, complesse e costose. La reazione autodifensiva del comune è comprensibile, anche perché gli stessi funzionari coinvolti - date le regole della pubblica amministrazione - rischiano di pagare personalmente e di dover provvedere a proprie spese anche alla difesa legale.
Tuttavia, in questa storia emergono due enormi problemi, che si amplificano a vicenda. Uno è quello appena citato: gli effetti inintenzionali del modo in cui si svolgono i procedimenti giudiziari nel nostro paese, e che creano un contesto nel quale un funzionario, per quanto onesto e bene intenzionato, ha un forte incentivo a non firmare alcun permesso, perché sa che in caso contrario potrebbe passare dei guai. L'altro problema è il vero elefante nella stanza di tutto questo dibattito: se i prezzi immobiliari a Milano e in alcune altre città sono alle stelle, è perché per anni si è perseguita una politica esplicita e consapevole di ostilità allo sviluppo urbanistico, o quanto meno di sviluppo insufficiente rispetto alla domanda. L'idea che il cosiddetto consumo di suolo sia sempre e comunque un male - come se il "consumo" non fosse il contraltare di una domanda, cioè di un bisogno - ha posto le premesse per un'esplosione dei valori che oggi quasi tutti, almeno a parole, trovano insoddisfacente e preoccupante. Ma che sembra impossibile superare perché improvvisamente raccogliamo i frutti di una politica persistente e in gran parte bipartisan, alla faccia della retorica sull'urgenza di una profonda riqualificazione energetica e sismica degli immobili.
La reazione autodifensiva della burocrazia milanese è la punta di un iceberg, la gran parte del quale non è legata al disallineamento di incentivi tra collettività e amministrazione, ma è figlia di una diffusa e condivisa convinzione politica. Si parla sempre di rigenerazione urbana ma si dimentica che il motore di una rigenerazione sana non può essere la conservazione o il declino, ma solo e soltanto l'espansione. E questo dovrebbe essere al centro del dibattito, a Milano o altrove.
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