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3 Maggio 2022

Assoimmobiliare: rivedere il Testo Unico dell'Edilizia (Report)

di Silvia Maria Rovere, Presidente Assoimmobiliare

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L’ultimo intervento organico del Legislatore in materia di costruzioni risale ad oltre vent’anni fa, trattandosi del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 6 giugno 2001, che ha istituito il Testo Unico dell’Edilizia. Lo stesso Testo Unico, modificato in numerose occasioni, approccia il tema da un punto di vista troppo limitato e dal punto di vista dell’edilizia pura: in questo senso, le costruzioni sono considerate essenzialmente dal punto di vista architettonico e formale, e non anche strutturale e prestazionale. Parallelamente, in questi anni il comparto dell’edilizia è stato caratterizzato da un alto grado di innovazione e da uno sviluppo significativo in termini di nuove tecniche di costruzione, dei materiali, e delle tecnologie utilizzate.

Oltre allo sviluppo tecnico del comparto, si è assistito, sempre negli ultimi anni, ad un’attenzione crescente da parte della politica nello stimolare interventi di efficientamento energetico degli edifici, anche recependo gli impulsi positivi emersi a livello europeo. In particolare, il settore delle costruzioni è stato oggetto di numerose linee di finanziamento - principalmente attraverso lo strumento delle detrazioni fiscali - che hanno contribuito al rilancio di un comparto che, al 2021, costituiva il 4,9% del PIL nazionale, un dato in continua crescita nell’ultimo decennio. Oltre a costituire un settore trainante per l’economia, il comparto sostiene direttamente o indirettamente altri settori ad esso connessi, come il settore immobiliare, della logistica e del commercial real estate.

Inoltre, il tema delle costruzioni è strettamente correlato alla tematica della sicurezza in caso di eventi sismici o di calamità di altra natura. In questo senso, si sono susseguiti interventi di carattere normativo frammentati volti a disciplinare territori specifici colpiti da eventi sismici, caso per caso: una pluralità di differenti modalità attuative e tempistiche, che ostacola la ricostruzione degli immobili danneggiati e rende difficoltose nuove costruzioni a norma di legge.

È poi senz’altro da sottolineare come il comparto rientri ormai a pieno titolo tra i settori sui quali si concentra il processo di decarbonizzazione e di transizione ecologica in atto. In questo senso, il rinnovamento, la riqualificazione e la sostituzione del parco immobiliare sono considerati fondamentali per raggiungere gli obiettivi comunitari di un’economia Net Zero nel 2050. Un obiettivo ancora più determinante, considerato che il settore immobiliare è l’unico settore (insieme ai trasporti) a risultare più inquinante rispetto al 1990, e rappresenta, da solo, il 36% delle emissioni di anidride carbonica dell’Unione Europea.

Alla luce di ciò, la costruzione di edifici efficienti, sicuri, e conformi alla normativa sul contrasto al dissesto idrogeologico necessita di un quadro normativo di riferimento chiaro ed aggiornato, che possa sostituirsi all’attuale frammentazione normativa, che è di ostacolo agli operatori del settore e alle Pubbliche Amministrazioni. Per tutti questi motivi, non è solo auspicabile, ma assolutamente necessario prevedere un aggiornamento delle norme di riferimento in materia di edilizia e delle costruzioni, che possano applicarsi nel mutato contesto italiano ed europeo. Le disposizioni del citato Testo Unico non tengono infatti conto delle innovazioni nel campo della tecnologia, della sicurezza, e della sostenibilità dei materiali degli ultimi 20 anni, e rischiano di rallentare un processo di rinnovazione del parco edifici che è di cruciale importanza in questa delicata fase di transizione energetica, e di ripresa post-pandemica, dell’economia italiana.

In questo contesto, si inserisce anche la necessità di prevedere quanto prima una legge organica che disciplini i processi di rigenerazione urbana in Italia, un tema “complementare” ma strettamente collegato alla disciplina delle costruzioni, istituendo un quadro normativo chiaro ed efficiente, che salvaguardi le importanti esperienze regionali e locali che nel corso degli anni si sono susseguite e che hanno portato ad alcuni primi risultati virtuosi nelle nostre città.

Il provvedimento in esame ha l’obiettivo di conferire al Governo una delega per il riordino delle disposizioni legislative in materia di costruzioni, seguendo criteri improntati alla semplificazione delle procedure ed al riordino funzionale della disciplina stessa. Come specificato dalla relazione, le nuove disposizioni sono impostate su tre pilastri principali che, come Associazione, riteniamo particolarmente rilevanti:

1. Un primo pilastro, riguardante la disciplina delle attività edilizie, in cui è necessario ridefinire le procedure tecnico-amministrative e i provvedimenti sanzionatori tesi a regolare le trasformazioni del territorio e del patrimonio edilizio esistente;

2. Un secondo pilastro riguardante la c.d. sicurezza delle costruzioni, dove affrontare la disciplina tecnica sia delle nuove costruzioni sia delle costruzioni esistenti. Rientrano in questo pilastro la classificazione sismica del parco immobiliare italiano, il contrasto al dissesto idrogeologico e il tema della sicurezza della normativa tecnica nazionale;

3. Un terzo pilastro riguarda la sostenibilità ambientale delle costruzioni, con l’obiettivo di delineare un apparato normativo che consenta di verificare le prestazioni di una costruzione in riferimento non solo ai consumi e all’efficienza energetica, ma prendendo anche in considerazione l’impatto sull’ambiente.

In generale, si ritiene sicuramente auspicabile un intervento nella direzione prevista dal disegno di legge in oggetto prediligendo, tuttavia, un intervento organico che ricomprenda, oltre che il tema delle costruzioni, anche una revisione del Testo Unico sull’edilizia (d.P.R. 380/2001) e, soprattutto, una revisione del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, del Ministero dei Lavori pubblici sui limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricanti e rapporti massimi tra gli spazi.

Quest’ultimo provvedimento, nella pratica, risulta essere tra i principali ostacoli a progetti efficienti e organici di rigenerazione urbana in molte città italiane, bloccandone lo sviluppo a causa di una normativa ormai superata, entrata in vigore in un’epoca in cui lo sviluppo urbanistico rispondeva a delle logiche completamente opposte alle attuali, improntate piuttosto al riuso e rifunzionalizzazione in chiave sostenibile degli edifici.

La necessità di coordinamento è riscontrabile anche in provvedimenti ad oggi all’esame del Parlamento stesso, in quanto si prevedono più interventi di delega al Governo ma che insistono analogamente sulla materia edilizia. È il caso, per esempio, della delega contenuta nell’articolo 13 del Ddl Rigenerazione urbana all’esame della Commissione Territorio del Senato. In quest’ottica, auspichiamo che possa essere previsto quanto prima un intervento organico, che includa, oltre alle materie edilizie, anche quelle più strettamente urbanistiche.

Per ultimo, proprio in merito alla sostenibilità degli edifici, dal momento che gli indirizzi comunitari contenuti nella c.d. Renovation wave prevedono il rinnovo di oltre 35 milioni di edifici europeo inefficienti dal punto di vista energetico entro il 2030, al fine di migliorarne la qualità di vita e il benessere dei residenti, combattere la povertà energetica, ridurre le emissioni di gas serra, promuovere la digitalizzazione, il riuso e il riciclo dei materiali, riteniamo di fondamentale importanza conferire un maggior peso, anche attraverso la previsione di misure premiali o incentivanti, agli edifici che possiedono una. Rettificazione di prestazione energetica.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, per quanto riguarda i princìpi e i criteri direttivi previsti dal disegno di legge per indirizzare il Governo nell’attuazione della delega, riteniamo che questi siano ampiamente condivisibili e al più potrebbe essere utili precisarli o integrarli per supportare il Governo a cercare soluzioni per una serie di criticità emerse nella prassi:

? Consumo di suolo - Il disegno di legge prevede l’aggiornamento e la revisione delle categorie di intervento edilizio attraverso una chiara distinzione tra interventi sul patrimonio edilizio esistente e interventi di trasformazione del suolo inedificato, anche in funzione dell'incentivazione dei processi di rigenerazione urbana, tenuto conto dell'obiettivo di consumo del suolo a saldo zero. Come sottolineato già in altre occasioni, in primis nel corso del dibattito sul disegno di legge sulla rigenerazione urbana all’esame della Commissione Territorio del Senato, risulterebbe assolutamente apprezzabile un’impostazione generalizzata per favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate e di aree produttive con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti, nonché dei complessi edilizi e di edifici pubblici o privati, in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione o da rilocalizzare. Questa impostazione permetterebbe di perseguire l’obiettivo di raggiungere il consumo del suolo a saldo zero, rifunzionalizzando aree non più utilizzate o inefficienti, specie nelle periferie delle città.

? Razionalizzazione dei procedimenti amministrativi - Risulta sicuramente auspicabile la previsione del disegno di legge volta alla razionalizzazione dei processi amministrativi, delle procedure di deposito, della gestione delle varianti in corso d'opera, della natura del soggetto pubblico deputato alla ricezione delle istanze ed al rilascio dei relativi permessi nel territorio nazionale. Come Associazione riteniamo tutte le iniziative di semplificazione di particolare importanza, specie in una normativa stratificata come quella edilizia. In aggiunta, in merito alla gestione delle varianti in corso d’opera, si sottolinea l’importanza di considerare le varianti in corso d’opera, specie se previste ai piani regolatori vigenti per prevedere piani di rigenerazione urbana, senza dover necessariamente modificare il Piano Regolatore Generale (PRG). In quest’ambito, riteniamo opportuno segnalare come la razionalizzazione in questione potrebbe interessare anche la questione dell’omessa previsione di una pubblicazione dei titoli edilizi, che impedisce l'immediato decorso dei termini per eventuali impugnazioni in sede di giurisdizione amministrativa. Tale misura permetterebbe infatti di evitare il rischio di incertezza legato all’avvio di contenziosi da parte di terzi anche per edifici in costruzione o finiti.

? Procedimento edilizio – Nella prassi il procedimento è appesantito ed aggravato dalle previsioni normative che richiedono la necessità di acquisire molti pareri esterni, che attivano a loro volta subprocedimenti presso altri enti ed organi. In alcuni casi, tali pareri non sono attualmente indispensabili o potrebbero essere assorbiti dalle competenze proprie del titolare del procedimento, come dal dirigente comunale. Un esempio tipico sono i pareri igienico sanitari, che se il loro contenuto poteva coinvolgere competenze propriamente sanitarie, oggi le regole di igiene dei fabbricati hanno in realtà contenuto tecnico-edilizio. Si potrebbe dunque prevedere che il decreto legislativo razionalizzi o elimini quei controlli amministrativi non più essenziali o che eventualmente possano essere assorbiti nell’unitario procedimento edilizio in capo al suo titolare.

? Principio di legalità delle prestazioni patrimoniali - L'introduzione accanto al contributo di costruzione di un ulteriore contributo straordinario - anziché adeguare i criteri di determinazione del contributo ordinario - ha travolto il principio di legalità della fissazione di prestazioni patrimoniali a carico dei privati in quanto il nuovo contributo non è riferito a criteri obiettivi prevedibili, piuttosto a valutazioni che risultano vaghe, come il "maggior valore" determinato dalla variante o deroga richiesta, a prescindere da ogni considerazione del maggior valore creato per la comunità da iniziative innovative non previste dai piani vigenti. Si auspica dunque un ritorno a regole certe e prevedibili, nel rispetto effettivo del principio di riserva di legge per le prestazioni patrimoniali imposte ai privati, nell'interesse generale.

? Accertamento di conformità - La previsione contenuta nel disegno di legge relativamente alla riorganizzazione e implementazione della disciplina dell'accertamento di conformità anche attraverso l'individuazione univoca delle conformità, non conformità o difformità, sostanziali e non sostanziali, per nuove costruzioni e costruzioni esistenti e della regolarità documentale va sicuramente nella direzione auspicata. In questo senso, particolare attenzione dovrebbe essere posta sull’istituto della c.d. doppia conformità edilizia, ad oggi difficilmente applicabile in quanto risulta particolarmente difficile per un edificio rispettare integralmente tutte le disposizioni edilizie e urbanistiche vigenti sia al momento di realizzazione dell’abuso sia oggi che al momento di presentazione della domanda di sanatoria. I principali ostacoli sono dovuti per altro ad alcune interpretazioni giurisprudenziali date sul DM 1444/1968 nonché dalle previsioni in materia di distanza delle costruzioni dai confini previste dagli strumenti urbanistici comunali. Di conseguenza, centinaia di migliaia di manufatti, in genere costruiti molti decenni fa, si trovano in una sorta di limbo: formalmente irregolari, non suscettibili di interventi di riqualificazione, incommerciabili, e tuttavia nessun Comune assume alcuna iniziativa sanzionatoria sul piano amministrativo, dato il lungo periodo di tempo trascorso e talora la non conoscenza del loro stato, mentre la responsabilità penale è ampiamente prescritta. Si dovrebbe dunque regolarizzare questi manufatti, semplicemente eliminando il vincolo della doppia conformità.

? Regime sanzionatorio - Assume particolare importanza, invece, il criterio contenuto nel disegno di legge volto a ridefinire e aggiornare il regime sanzionatorio in relazione alle violazioni delle norme vigenti in materia edilizia. Il sistema, infatti, è attualmente affidato a una pluralità di fonti normative secondo criteri non omogenei. In primo luogo, le norme vigenti non prevedono un ragionevole margine di tolleranza né di discrezionalità in capo agli organi pubblici tecnici, al fine della valutazione della lesione del pubblico interesse da parte delle irregolarità riscontrate. Inoltre, al fine di una maggiore efficienza da parte delle Pubbliche Amministrazioni, è necessario prevedere una disciplina puntuale relativa allo stato di regolarizzazione di costruzioni in seguito al pagamento di sanzioni amministrative, nonché prevedere un regime prescrittivo adeguato, onde evitare di insistere su procedimenti non più sanabili o datati.

? Orientamento giurisprudenziale per esistenza del titolo edilizio – Nel corso degli anni si è affermata nella giurisprudenza penale una teoria che il titolo edilizio è inesistente dal punto vista penale, anche quando sia stato fedelmente rispettato dall'operatore privato che lo ha ottenuto, ove presenti irregolarità gravi. Andrebbe quindi escluso che un titolo edilizio esistente per tutti possa essere considerato inesistente dal giudice penale solo per sue presunte valutazioni della sussistenza di profili di illegittimità, a prescindere da qualsiasi verifica da parte del Comune e/o del giudice amministrativo.

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