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25 Giugno 2025
25 Giugno 2025
Un punto vendita su tre non ha ancora riaperto a seguito del lockdown, ma il dato più preoccupante è che la metà di questi di questi dichiara che ha cessato definitivamente l’attività. Questo è quanto emerge da una ricerca condotta da Engel & Völkers su un campione di 6.600 esercenti su base nazionale, nel periodo 16-18 giugno 2020.
Alla domanda “A seguito della fine del lockdown avete riaperto la vostra attività?” il 14% degli intervistati dichiara di aver chiuso definitivamente, mentre un altro 14% afferma di non aver ancora riaperto “perché è troppo costoso tenere riaperta l’attività con le attuali nuove regole”. Il 49% afferma invece di “aver riaperto ma con personale ridotto” e infine il 29% conferma di essere “regolarmente operativo”.
Anche le previsioni sull’andamento commerciale sono significativamente pessimistiche, laddove il 29% degli intervistati si aspetta un calo del fatturato superiore al 40% e il 43% dei retailer invece si attende un fatturato negativo tra il 20% e il 40%. Nota di speranza invece per il 14% dei rispondenti, che osserva un trend positivo della propria attività.
Timori per il futuro, ecommerce e pochi soldi. Tre retailers su 4 cercheranno spazi più piccoli.
“Una delle grandi conseguenze che l’emergenza sanitaria e la successiva emanazione di norme volte alla tutela della salute pubblica ha portato con sé riguarda proprio la fisicità delle attività commerciali – commenta Gianluca Sinisi di Engel & Völkers Commercial Milano e Lombardia. Il 72% degli operatori che ha risposto alla nostra indagine ritiene che per futuri piani di espansione cercherà location con una superficie minore, risposta forse figlia di minore disponibilità economiche e di una maggiore integrazione con l’ecommerce”. Il 16% ammette infatti che il punto fisico non potrà più camminare solo su proprie gambe ma dovrà necessariamente essere supportato dall’online. Solo il restante 12% degli intervistati asserisce che invece il punto vendita rimarrà lo stesso.
Il 44% ha chiesto una riduzione dei canoni
In effetti, nelle risposte degli operatori al dettaglio i costi relativi al punto vendita sono un elemento di criticità in termini si sostenibilità futura dell’esercizio: il 44% degli intervistati (ma un altro 44% ci sta pensando o deve ancora decidere) ha chiesto una riduzione o uno slittamento del canone di locazione, il 29% però dichiara di non averlo ottenuto.
I dati dell’indagine condotta Engel & Völkers ravvisano uno scenario di significativo cambiamento sul mercato del Real Estate con destinazione retail.
“I primi segnali indicano che questa crisi connessa alla pandemia porterà a un cambiamento permanente nel mercato della locazione immobili retail – commenta Valeria Spagnoletti Zeuli, partner di Rödl & Partner. Convinzione suffragata dal fatto che l’unanimità degli intervistati si espressa in tal senso. Una maggiore attenzione verrà senz’altro posta a clausole che fino ad oggi venivano considerate standard. Nello specifico il 43% ha espresso la “necessità di un canone più sostenibile”, il 32% domanda invece “maggiore flessibilità nella durata contrattuale” oppure, il 25% dei rispondenti, auspica una “maggiore libertà di uscita dal contratto”. Ma non solo.
A fronte di consistenti cali di fatturato e della mancanza di liquidità necessaria per far fronte alle spese, fra cui il canone di locazione i conduttori mostrano di essere alla ricerca di un accordo con i locatari che preveda nuove soluzioni, anche con nuove formule quali ad esempio, ove possibile, la compartecipazione agli utili nella quantificazione del canone, soluzione che nelle risposte all’indagine è essere gradita a circa il 70% degli intervistati.
Nello specifico, il 29% degli intervistati si mostra interessato a una forma di compartecipazione nella quantificazione del canone con la parte preponderante in percentuale sul fatturato, mentre il 43% preferirebbe la parte preponderante del canone fissa ed una quota residuale in percentuale sul fatturato. Il 28% dei rispondenti afferma di non essere interessata a soluzioni di questo tipo.
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