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26 Maggio 2020

Bankitalia: Gli appalti pubblici dopo il Coronavirus

di Luigi Donato, Capo Dipartimento Immobili e appalti Banca d'Italia

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Nella fase più difficile dell’emergenza il sistema degli appalti pubblici ha dovuto fronteggiare la pressante necessità di approvvigionare, in dimensioni finora impensabili, le strutture pubbliche dei materiali e dei servizi sanitari necessari. Ma anche ora resta al centro della ripresa della vita economica e sociale perché sulla spesa pubblica si dovrà puntare per far ripartire, senza ritardi, la macchina del Paese, specie nel settore dei lavori, viste le pesanti stime al ribasso sulla crescita dell’economia.

Vi saranno poi effetti duraturi sulle abitudini di vita, su un’organizzazione meno tradizionale del lavoro, sull’utilizzo completo di tecnologie e tecniche di comunicazione a distanza. Sarà fortissimo, quindi, lo stimolo verso una profonda revisione del funzionamento del settore degli appalti pubblici, già da tempo in affanno per il quadro normativo complesso, instabile e poco attento all’efficienza dei processi, per i latenti pericoli di corruzione, per le difficoltà operative delle amministrazioni pubbliche.

Il rischio di fondo è che cresca, per reazione, la spinta a favore di una sospensione, più o meno generalizzata, del Codice dei contratti pubblici nella prospettiva di favorire la ripresa delle attività, divenuta ancora più impellente.

Ma con danni in tutta evidenza non valutabili sia sotto il profilo dell’incentivo a diffusi e gravi comportamenti illeciti, sia sotto quello degli sprechi nella spesa pubblica. E soprattutto con il pericolo che il ritorno, pure ineliminabile, a una condizione di normalità e di efficienza si allontani e diventi ancor più irraggiungibile.

I segnali sul Regolamento unico sugli appalti in lavorazione non erano incoraggianti, soprattutto per la mole delle norme in arrivo, con il pericolo di sedimentare un sistema molto complesso, forse più di prima. Ciò nonostante il tentativo di semplificare con lo “Sblocca cantieri” che ha molto liberalizzato, puntando sugli affidamenti diretti, sulle negoziate e sulle ristrette.

Molto si può fare ancora con metodo “chirurgico” e ragionevoli semplificazioni mirate, ad esempio stabilizzando la reintroduzione, con maggiori garanzie, dell’appalto integrato; eliminando l’abortito albo dei commissari esterni; mantenendo la possibilità di esaminare le offerte prima dei requisiti dei partecipanti; prevedendo la completa digitalizzazione dell’intero procurement.

Vi sono poi due delle disposizioni in stand by che l’esperienza spinge ancor più ad attuare al più presto. La prima è la Banca dati nazionale degli operatori economici per una netta riduzione dei tempi di verifica dei concorrenti. La seconda è la disciplina sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, con l’Albo presso l’ANAC. Si è a lungo discusso sul numero eccessivo di stazioni appaltanti ma poi non è partita la (vera) riforma volta a riservare (almeno) i contratti di maggiore importo e complessità alle amministrazioni qualificate per esperienza, competenze, professionalità, presidi antiriciclaggio e anticorruzione.

Un’ipotesi molto probabile è che ora si punti su un maggiore utilizzo di commissari straordinari. In tempi di emergenza, strumenti di emergenza.

Il successo della formula dei commissari è legato molto alla possibilità di superare le lungaggini delle autorizzazioni, oltre che delle gare aperte. Al di là delle opere di rilevanza nazionale, esistono numerosi interventi di valenza “strategica” a livello territoriale, a partire ora dalle strutture sanitarie, per i quali un commissario ad acta potrebbe essere molto utile ove disponga di poteri di intervento sostitutivo per la parte autorizzativa, lasciando poi ad una stazione appaltante (qualificata) la procedura di procurement, resa preferibilmente più celere da significative semplificazioni.

Anche questa ipotesi porta di nuovo l’attenzione sui soggetti pubblici. Alle stazioni qualificate al massimo livello andrebbero consentite in futuro stabilmente semplificazioni e risparmi di tempo utilizzando il meccanismo dei requisiti premianti già previsto dal Codice (ma non attuato), coniugando così efficienza e legalità.

Molto, moltissimo del sostegno che gli appalti pubblici devono dare alla ripresa dell’economia e per fronteggiare l’emergenza sociale, e non più solo sanitaria, dipenderà non tanto dai mezzi finanziari ma dall’attività in concreto svolta dalle amministrazioni pubbliche. Sta a loro puntare rapidamente sull’organizzazione interna, sulla digitalizzazione completa delle procedure, sulla professionalizzazione del personale, sugli appalti congiunti, per una nuova stagione del procurement nel dare beni, servizi, infrastrutture di qualità per i cittadini. E questo va fatto da subito, facendo tesoro dell’esperienza della crisi e facendo giustizia dei banali luoghi comuni secondo cui la parte pubblica costituisce sempre un peso, e un settore di cui diffidare, e non un indispensabile civil service per lo sviluppo del Paese.

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