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Se il 2022 ha segnato la fine della politica dei tassi di interesse negativi e dell'espansione del bilancio della BCE, la sfida del 2023 per i mercati europei sarà quella di affrontare i segnali contrastanti dell’inflazione e della crescita economica. Rimarranno al centro dell’attenzione il controllo sull’inflazione e quello sull’efficacia delle politiche attuate per il suo contenimento.
Nel 2022 è stata interamente ribaltata la politica della BCE, che rimasta inalterata dal periodo successivo alla crisi finanziaria del 2008 e che prevedeva, oltre ai bassi tassi d’interessi o negativi in risposta alla bassa crescita economica, un bilancio in continua espansione e una riduzione per l’emissione dei titoli di stato tedeschi per via dell’impegno alle misure di austerity. Per proteggere i consumatori dalle conseguenze della crisi energetica e dall’inflazione che ne deriva, la banca centrale ha invece incentivato le nuove emissioni di titoli di stato mettendo in atto come misure primarie una politica aggressiva per il rialzo dei tassi insieme alla già anticipata intenzione di procedere con la manovra del QT (quantitive tightening o inasprimento quantitativo) così da ridurre il proprio bilancio. Entrambi i processi si presentano non privi di rischi e saranno per questo implementati in maniera graduale, scalzando il principale motore tecnico dei tassi strutturalmente bassi nell'eurozona.
L'inflazione persistente, e quindi l'incertezza sull'andamento dei tassi ufficiali, dovrebbe impedire che nel 2023 i tassi iniziali scendano molto al di sotto dei livelli del 2022. Prevediamo un’inversione della curva dei tassi con un rialzo complessivo del 2,25%. Stimiamo inoltre che, in caso di peggioramento della recessione sull’eurozona, il calo nel rendimento dei treasury bond possa portare i rendimenti dei bund al 2% e dei tassi swap sull’euro a 10 anni sul 2,5%, per tornare poi ad un rendimento intorno al 3% nel 2024.
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