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Più regole per l'industria tech: se a vincere fosse proprio Facebook?
di AllianceBernstein
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Dopo le forti perdite registrate da Facebook in seguito allo scoppio dello scandalo Cambridge Analytica, gli investitori sono tornati a focalizzarsi sulle gigantesche proporzioni delle mega-cap statunitensi. In termini di capitalizzazione, di fatto, Apple, Google-Alphabet e Facebook schiacciano molti dei principali indici azionari nazionali.
La capitalizzazione congiunta dei tech-giants, alla fine di febbraio, ha raggiunto i 2.500 miliardi di dollari. Superiore alla capitalizzazione dei principali indici azionari di Francia, Germania, Australia, Canada, Brasile e Singapore, ciascuno dei quali si compone di dozzine di titoli.
Ci sono molteplici ragioni che legittimano l’esposizione ai titoli FAANG (Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google), che hanno ottenuto ottimi risultati negli ultimi anni. Tuttavia, ci sono anche altri aspetti da considerare quando si ha a che fare con società di dimensioni tali che anche un minimo movimento del mercato provoca la movimentazione di incredibili somme di denaro. Un esempio: ogni volta che il titolo Apple varia dell’1%, vengono coinvolti istantaneamente circa 9 miliardi di dollari.
Il terremoto che ha travolto Facebook sta scuotendo l’intera industria. E’ troppo presto per sapere esattamente quale potrebbe essere l’impatto di un possibile inasprimento delle regole sulla tutela della privacy sia sul social network sia su altre aziende tecnologiche che hanno a che fare con la gestione di dati personali dei propri utenti. E’ addirittura possibile, secondo noi, che regolamenti più restrittivi possano finire per favorire proprio i giganti del settore come Facebook, dato che aziende più piccole potrebbero non avere le risorse necessarie per uniformarsi a regole più pressanti.
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