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17 Novembre 2017

Il "Make Italy great again" passa dagli stranieri (video)

di Luigi dell'Olio, Monitorimmobiliare

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Aprirsi ai capitali internazionali è un’opportunità che le aziende italiane farebbero bene a sfruttare. Evitando di rinchiudersi nei propri recinti per affrontare mercati sempre più complessi che si muovono su una scala globale. È la ricetta arrivata da una ricerca commissionata dallo studio legale Hogan Lovells alla School of Management del Politecnico di Milano. Un’indicazione che vale per tutti i settori, compreso l’immobiliare, che proprio nei capitali provenienti da oltrefrontiera può trovare l’ossigeno necessario a crescere e aumentare la propria capacità competitiva.

Imprenditori coraggiosi

In particolare, gli autori della ricerca hanno rilevato come le aziende che hanno compiuto questo passo, oggi possono vantare fondamentali migliori. E non è solo merito della nuova liquidità in arrivo, ma anche di un’evoluzione delle regole di governance, dell’arrivo di nuovi manager e della possibilità di entrare in nuovi mercati.

Lo studio ha analizzato le acquisizioni di aziende italiane da parte di investitori stranieri nel periodo 2013/2016, scegliendo come campione realtà medie e medio-grandi residenti in Italia, con un fatturato tra i 50 e i 500 milioni di euro. quelle insomma che rappresentano l’ossatura dell’imprenditoria italiana.

Sono 225 le società che - nel periodo considerato - hanno visto cambiare il proprio assetto societario con l’ingresso di almeno un investitore estero; con un trend in crescita (passando da 42 operazioni nel 2013 a ben 70 nel 2016). Sono state escluse dall’analisi le acquisizioni di società in dissesto finanziario o sottoposte a procedure di amministrazione straordinaria (operazioni ritenute poco significative a livello statistico).

I risultati

Dall'analisi emerge che sono ben 39 i paesi di origine degli investitori internazionali; tuttavia alcuni paesi, in termini di numero di investimenti e di valore, possono essere considerati i top acquirer: Stati Uniti, Regno Unito e Francia rispettivamente con 54, 29 e 26 operazioni nei quattro anni. La Cina è stata protagonista di 12 operazioni di investimento.

 Dal punto di vista della tipologia degli acquirenti, il 57% dei casi è rappresentato da investitori strategici mentre il 43% è rappresentato da investitori finanziari quali fondi di private equity e investitori istituzionali.

Focus sull’industria

L’interesse degli investitori esteri nel quadriennio analizzato si è concentrato per il 71% sul comparto industriale, con punte del 76% nel 2013 e del 74% nel 2016. A seguire il settore dei servizi con i 24% e punte del 27% nel 2014 e del 28% nel 2015. Il resto delle operazioni, residuale, è nel settore finanziario.

Tra i settori di maggiore rilevanza che restano costanti negli anni si ritrovano: food & beverage (12%), il machinery (8%) e il metal/steel e il consumer products, entrambi con la stessa incidenza (7%).

Nel corso degli anni, ma in modo meno ricorrente, spiccano altri settori quali l’healthcare nel 2014 e nel 2016 con il 7% dei rispettivi anni, l’automotive nel 2015 con il 9%, il transportation nel 2013 con il 7%.

Le interviste

Luca Picone, partner di Hogan Lovells:

“La ricerca commissionata dal nostro studio affronta il tema delle acquisizioni realizzate da investitori stranieri sulle medie e medio-grandi aziende italiane, il segmento che rappresenta l’eccellenza italiana nel mondo. La ricerca nasce dal fatto che noi come studio legale ci occupiamo di m&a e negli ultimi anni abbiamo riscontrato un crescente interesse da parte degli investitori stranieri in Italia. Da qui la scelta di verificare se la nostra percezione aveva anche un valore scientifico. Stiamo organizzando un roadshow nelle principali piazze nel mondo dove il nostro studio è presente con l’obiettivo di spiegare agli investitori esteri le opportunità di investimenti in Italia. La nostra iniziativa si inquadra nel piano di attrazione degli investimenti esteri portato avanti dagli ultimi tre governi in Italia. Dallo studio appare fuori luogo la retorica sulla perdita di italianità ogniqualvolta viene fatta un’acquisizione, come se l’investitore italiano arrivasse con azione predatoria a conquistare aziende italiane. In realtà, soprattutto tra le medie imprese, che soffrono di un problema di sottocapitalizzazione rispetto alle esigenze dell’economia globale, vi è una idiosincrasia al consolidamento. E invece l’ingresso in un gruppo straniero si verifica un’opportunità di crescita per le aziende italiane, con un cambio di mentalità, di governance e l’apertura a nuovi mercati. Siamo di fronte a una win-win situation, quindi con benefici positivi per tutti”.

Marco Giorgino, Professore Ordinario di Istituzioni e Mercati Finanziari, Politecnico di Milano:

“La ricerca ha analizzato il fenomeno delle fusioni e acquisizioni di investitori internazionali in Italia tra il 2013 e il 2017. Dallo studio è emerso il valore per le aziende italiane di queste operazioni. Non siamo terra di conquista…dalla ricerca emergono invece soprattutto benefici per le nostre imprese, che per questa strada possono crescere, come dimostrano i risultati post-acquisizioni”.



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