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10 Novembre 2016

Corte Ue, appalti: giusto escludere imprese non in regola contributiva

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L'esclusione di un'impresa da una gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico perché ha un documento unico di regolarità contributiva negativo (che mostra cioè l'esistenza di irregolarità) è conforme al diritto europeo. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia europea.

La Corte indica che secondo l'ordinamento italiano, un'impresa che intenda partecipare ad una gara per l'aggiudicazione di un appalto pubblico deve avere un Durc (documento unico di regolarità contributiva) positivo in corso di validità.

Se in seguito a una verifica disposta d'ufficio dall'ente pubblico, il Durc risulta negativo al momento della scadenza del termine per la presentazione della domanda, l'impresa deve essere automaticamente e inderogabilmente esclusa dalla procedura di appalto, e ciò anche se vi era un semplice ritardo nel pagamento di un modesto debito contributivo, immediatamente sanato e quindi insussistente al momento dell'aggiudicazione e comunque tale da non configurare profili dolosi o colposi evidenzianti l’inaffidabilità o l’immoralità dell'impresa.

In tale situazione si è trovata la Società Cooperativa di produzione e lavoro (Ciclat), che nel 2012 ha presentato offerta ad una gara ad evidenza pubblica per l'affidamento di servizi di pulizia e di manutenzione di immobili, istituti scolastici di ogni ordine e grado e centri di formazione della pubblica amministrazione.

Ciclat ha impugnato davanti al Consiglio di Stato la sentenza del Tar Lazio che le ha dato torto. Il Consiglio di Stato ha sollevato una questione pregiudiziale davanti alla Corte Ue chiedendo, in sostanza, se il diritto italiano, così come interpretato e applicato, fosse conforme al diritto europeo.

La Corte di giustizia ha stabilito che la direttiva sugli appalti pubblici "non osta a una normativa nazionale che obbliga l'amministrazione aggiudicatrice a escludere dall'appalto l'impresa a causa di una violazione in materia di versamento di contributi previdenziali ed assistenziali, risultante da un certificato richiesto d'ufficio dall'amministrazione aggiudicatrice e rilasciato dagli istituti previdenziali, qualora tale violazione sussistesse alla data della partecipazione ad una gara d'appalto, anche se non sussisteva più alla data dell'aggiudicazione o della verifica d'ufficio da parte dell'amministrazione aggiudicatrice"

La Corte rileva che la direttiva lascia agli Stati membri il compito di determinare entro quale termine gli interessati devono mettersi in regola con i propri obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali e possono procedere a eventuali regolarizzazioni a posteriori, purché tale termine rispetti i principii di trasparenza e di parità di trattamento.

Alle autorità competenti non è vietato richiedere d'ufficio agli istituti previdenziali il certificato prescritto e comunque "poco importa che l'imprenditore non sia stato preavvisato dell’irregolarità della propria situazione nel pagamento dei contributi, purché' abbia la possibilità di verificare in ogni momento la regolarità della sua situazione presso l'istituto competente".

La direttiva non obbliga gli Stati membri a lasciare un margine di discrezionalità alle amministrazioni aggiudicatrici a tale riguardo, cosicché' "una normativa nazionale può prevedere che la sussistenza, alla data della gara, di una violazione degli obblighi contributivi da parte dell'impresa ne determini senz'altro l'esclusione dall'appalto".

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