Ultime notizie

26 Febbraio 2016

Pensioni: oltre 10 mld costo esodati

di red

Condividi:
Facebook
Linkedin
Twitter
Whatsapp
16x9
Angle Left
Angle Right
ADV 970x90

“La Riforma Monti-Fornero ha fortemente ridotto la flessibilità in uscita ed elevato sensibilmente i requisiti per andare in pensione. Ne sono scaturite una serie di rigidità che riguardano i due canali di uscita verso il pensionamento, ossia l’anzianità contributiva e l’età, entrambi indicizzati alla speranza di vita. In questo modo, lavoratori e pensionati sono stati immersi in un vortice di insicurezza e instabilità, in aggiunta al fenomeno degli esodati costato oltre 10 miliardi di euro”.

È quanto è emerso dal convegno alla Camera dei Deputati, organizzato da Itinerari Previdenziali e Associazione Lavoro & Welfare.

Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche di Itinerari Previdenziali, ha sottolineato che per il triennio 2016-2018 i requisiti richiesti per la pensione anticipata sono stati innalzati a 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Nel caso della pensione di vecchiaia, l’età è di 66 anni e 7 mesi per gli uomini e per le donne del settore pubblico, 65 anni e 7 mesi per le donne del settore privato, 66 anni e 1 mese per le donne del settore autonomo, con un requisito minimo di contribuzione di almeno 20 anni. Brambilla in merito alla questione degli esodati, ha fatto sapere che nella legge di stabilità 2016 è prevista la settima salvaguardia relativa a 26.300 lavoratori, oltre ad altri 5.000 lavorati rimasti esclusi dalle precedenti operazioni di salvaguardia, portando il numero totale a poco più di 200 mila.

Nel corso dell’evento è emersa inoltre una proposta. Il primo punto riguarda l’eliminazione dell’indicizzazione dell’anzianità contributiva alla speranza di vita, con possibilità di ridurre il requisito a 41 anni senza penalizzazioni e indipendentemente dall’età anagrafica. La seconda parte consiglia la reintroduzione della flessibilità in uscita dal mercato del lavoro, con la possibilità di andare in pensione con 4 anni di anticipo rispetto all’età di pensionamento in vigore che potrebbe essere inizialmente indirizzata verso i lavoratori precoci, gli esodati, i disoccupati di lunga durata e le donne.

La proposta ridurrebbe le tensioni sociali legate a situazioni di inoccupazione in assenza di redditi, eviterebbe di scaricare costi sulle diverse forme di ammortizzatori sociali e rimetterebbe in moto il mercato del lavoro, facilitando l’ingresso dei giovani.

Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, ha dichiarato: "Questa proposta è pensata soprattutto per le giovani generazioni, al fine di incentivare la crescita occupazionale e l'inserimento e di trasmettere loro le competenze necessarie per avere il corretto e naturale ricambio generazionale. La flessibilità delle pensioni è una misura di modernizzazione del sistema. Consentire ai lavoratori che abbiano 35 anni di contributi di anticipare fino a un massimo di 4 anni il momento della pensione, restituisce alla previdenza quel principio di gradualità che le è stato negato al tempo del Governo Monti. La misura – ha concluso Damiano - comporta una penalizzazione (o correttivo attuariale) che noi proponiamo essere del 2% per ogni anno di anticipo: l'8% per 4 anni. Riteniamo che in questo modo il costo dell'uscita anticipata possa essere compensato dai risparmi che derivano da un assegno decurtato fintanto che il lavoratore resterà in pensione".

Pierpaolo Baretta ha commentato: “La flessibilità in uscita consente di ottenere un mix generazionale utile alle imprese italiane poiché permette di gestire processi di riorganizzazione aziendale necessari. L’impianto previdenziale italiano (dalla riforma Dini alla riforma Fornero) non va smontato, è una partita che non siamo in grado di reggere né internamente né con l’Europa".

7x10

È online il nuovo numero di REview. Questa settimana:   Student Housing: accordo per 800 nuovi