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14 Luglio 2017

La marcia dei cloni

di Luigi Dell'Olio, Monitorimmobiliare

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Commissioni ridotte rispetto ai fondi comuni, possibilità di investire su tutte le asset class e le aree geografiche e ampia diversificazione dei sottostanti. Sono i tre punti di forza degli Etf, detti anche fondi passivi o cloni finanziari perché caratterizzati dal fatto che si investe su un paniere di titoli, di cui viene replicato fedelmente l’andamento. Può essere un indice di Borsa, così come un gruppo di titoli di un determinato settore come l’immobiliare o il finanziario.

Raggiunti i 4mila miliardi

Secondo l’ultimo BlackRock Etp Landscape, nel solo mese di maggio i flussi verso i fondi passivi si sono attestati a 45 miliardi di dollari, consentendo all’industria di superare la pietra miliare di 4 miliardi di dollari di asset investiti. E pensare che il traguardo dei 3mila miliardi era stato raggiunto solo due anni fa.

Nel mese di maggio i fondi azionari non statunitensi hanno registrato flussi record di 30,4 miliardi di dollari, con i fondi europei in accelerazione a 9,3 miliardi di dollari a seguito delle elezioni francesi, unitamente al picco degli ultimi sei mesi per le esposizioni allargate sui mercai emergenti a quota 5,7 miliardi di dollari.

Dopo quello dello scorso anno, il reddito fisso si conferma sulla strada di un nuovo record, grazie ad una raccolta mensile di 14,3 miliardi di dollari, guidata dall’obbligazionario investment grade con 6,8 miliardi di dollari (il miglior mese di sempre) e dal debito emergente con 2,1 miliardi di dollari.

Pro e contro dello strumento

Il successo degli Etf è legato in primo luogo alla tematica dei costi. Un prodotto obbligazionario ha una commissione che in genere oscilla dallo 0,3 allo 0,5% e uno obbligazionario si attesta sulla metà. In una fase dei mercati finanziari particolarmente incerta, questo può fare la differenza rispetto ai fondi comuni, che in alcuni casi arrivano a prevedere oltre il 2% di commissioni annue. La differenza è data dal fatto che i cloni finanziari hanno una movimentazione minima del portafoglio, mentre i fondi attivi si affidano al trading del gestore, un professionista che di volta in volta va a caccia delle migliori opportunità di mercato.

Per altro, comprando un Etf la diversificazione dell’investimento è spinta ai massimi livelli e questo riduce i rischi a carico dell’investitore, anche se d’altra parte contiene generalmente il rendimento complessivo. Per altro, il fondo passivo è quotazione in Borsa, per cui può essere scambiato in ogni momento della giornata garantendo agli operatori una possibilità continua di vendere o comprare seguendo le oscillazioni dell’indice di riferimento.

Di contro c’è che costi dichiarati non considerano lo spread denaro/lettera, cioè la differenza tra prezzo di acquisto e di vendita sul book di negoziazione.

L’intervista

A confronto con Marco Tabanella, head of wealth/retail segment iShares Italia.

Qual è lo stato di salute del settore?

“I numeri attestano un ottimo stato di salute per il mercato, che continua a crescere in maniera sostenuta e si avvia verso nuovi record sia a livello internazionale, che italiano”.

Quali sono i trend emergenti nel mercato?

“Ne individuo tre su tutti: l’utilizzo dello strumento da parte di fette nuove di clientela, a cominciare da quella istituzionale. Evidenziamo sempre più switch tra Etf, a dimostrazione dell’efficienza raggiunta da questo mercato. Anche le compagnie assicurative stanno usando sempre più gli Etf sia per applicazioni di bilancio, che nei prodotti di distribuzione, ad esempio quelli multiramo unit linked”.

Il secondo driver di crescita?

“Con l’avvicinarsi della Mifid II, che entrerà in vigore il 3 gennaio prossimo, sul mercato stanno prendendo piede nuovi modelli di distribuzione. La crescente trasparenza dei costi consente di valutare in maniera più chiara l’esborso a suo carico e si orienta verso prodotti meno costosi”.

Il terzo?

“Notiamo una grande innovazione di prodotti. Pensiamo agli smart beta e agli investimenti tematici, che vanno al di là dei criteri tradizionali di costruzione degli indici che sono basati per lo più sulla capitalizzazione dei titoli da inserire in portafoglio. Tra i temi, vanno molto bene quelli legati alla robotica, all’innovazione e all’invecchiamento della popolazione. Si tratta dei macrotrend che stanno cambiando la nostra vita. Oggi vi sono dei database che consentono di investire, all’interno di un panorama molto vasto, le aziende con particolari caratteristiche oppure operative in un singolo ambito”.



Questo articolo, con la videointervista, è presente su REview di questa settimana. Leggi gratuitamente il numero completo!

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