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20 Marzo 2015

Le leggi ci sono, l'immobiliare italiano può ripartire

di Giuseppe A. Giannantonio, studio Chiomenti

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Le riforme intervenute nel panorama legislativo italiano nel corso del 2014 hanno posto le basi e gli strumenti per consentire agli investitori e agli operatori del mercato immobiliare di restituire vigore alle proprie attività. Infatti, con il D. Lgs. n. 44/2014 è stata introdotta in Italia la direttiva Aifm (Alternative investment fund manager) la quale, tra l’altro, ha introdotto la Sicaf (Società di investimento a capitale fisso) immobiliare.

In sintesi, la Sicaf è un Oicr (organismo di investimento collettivo del risparmio) di tipo chiuso che rientra nell’ambito di applicazione dell’Aifmd, autorizzato e vigilato dalla Banca d’Italia, il cui patrimonio può essere gestito sia direttamente (Sicaf autogestita) sia tramite un gestore esterno designato nello statuto (Sicaf eterogestita).

L’attività della Sicaf è contraddistinta, al pari dei fondi comuni di investimento, dalla raccolta del patrimonio presso una pluralità di investitori e dalla gestione di quanto raccolto in base a una politica predeterminata e in autonomia rispetto ai soci/quotisti; tuttavia, nella Sicaf il principio di autonomia della gestione dai partecipanti all'Oicr subisce una, per così dire, naturale compressione, legata alla forma societaria del veicolo e, dunque, alla possibilità per i soci di poter incidere, attraverso il diritto di voto, sui processi decisionali inerenti alla gestione del patrimonio.

In altri termini, la Sicaf (fatto salvo per il caso delle Sicaf eterogestite, che invece sono sotto tale aspetto assimilabili al modello “fondo” quantomeno con riferimento allo specifico profilo della gestione del patrimonio) è caratterizzata da una governance più immediata e, quindi, strutturalmente più vicina all’orientamento degli investitori.

Da un punto di vista giuridico, infatti, la Sicaf, a differenza del fondo, ha natura societaria; è, quindi, gestita da un consiglio di amministrazione espressione degli azionisti (partecipanti all'Oicr); il capitale della Sicaf corrisponde al patrimonio dell'Oicr.

Il regime fiscale della Sicaf immobiliare è tendenzialmente analogo a quello dei fondi comuni d’investimento immobiliari ampiamente sperimentato in passato, atteso che l’art. 9 del D. Lgs. 44/2014 delinea tale regime mediante un rinvio espresso alle norme che disciplinano la fiscalità dei fondi immobiliari.

In linea di principio, la Sicaf immobiliare è soggetto passivo d’imposta ai fini dell’imposta sui redditi delle società (Ires), come una ordinaria società di capitali, tuttavia la stessa è esente dal pagamento delle imposte sui redditi se, e in quanto, rispetta i requisiti regolamentari per essere qualificata come un Oicr.

A fronte dell’esenzione a livello della Sicaf immobiliare, il reddito da questa realizzato è tassato in capo agli investitori, con modalità diverse a seconda della residenza fiscale degli investitori e delle loro caratteristiche soggettive.

La ritenuta ordinaria del 26% può essere ridotta (di norma al 10%) mediante l’applicazione dei trattati contro le doppie imposizioni.

Per quanto di particolare interesse in questa sede si sottolinea che, al pari dei fondi immobiliari, i proventi distribuiti dalla Sicaf a fondi di investimento e fondi pensione (nazionali ed esteri), nonché a fondi sovrani sono esenti.

Il decreto Sblocca-Italia ha, poi, introdotto una profonda riforma del regime delle Siiq (Società di Investimento Immobiliare Quotate), versione Italiana dei Reits.

In sintesi la riforma comporta: una maggiore flessibilità di ingresso al regime.

In particolare, viene innalzato il limite massimo di partecipazione (dal 51% al 60%) e ridotto il minimum floating rate al 25% (prima 35%).

I termini entro cui una neo-Siiq deve verificare i parametri sono estesi a tre anni (regime pre-Siiq); l’adozione di misure che rendono lo strumento competitivo rispetto a forme analoghe adottate in altri paesi dell’Ue.

Ad esempio, viene introdotta l’esenzione sulle plusvalenze da cessione degli immobili; l’internazionalizzazione del sistema viene estesa attraverso l’applicazione dei trattati contro le doppie imposizioni ai dividendi distribuiti e la possibilità dei Reits esteri di stabilire in Italia una loro stabile organizzazione che beneficia del regime fiscale delle Siiq; viene garantita la possibilità delle Siiq di investire in modo fiscalmente efficiente in fondi immobiliari investono “a reddito” più dell’80% del loro patrimonio, garantendo l’interconnessione degli strumenti di investimento; vengono introdotte disposizioni volte a “convertire” in neutralità d’imposta i fondi immobiliari in Siiq (in particolare quelli esistenti) attraverso operazioni fiscalmente neutre; viene esclusa l’applicazione alle Siiq della direttiva Aimfd.

A quanto sopra si aggiunge da un lato che lo stesso Sblocca-Italia ha introdotto un’importante modifica al regime convenzionale delle grandi locazioni (sopra 250mila euro) ammettendo la possibilità che queste possano derogare alle disposizioni codicistiche in materia (in particolare, al recesso per gravi motivi da sempre avversato dagli investitori) e dall’altro che la riforma fiscale in itinere si pone tra gli obiettivi quello di garantire certezza nell’applicazione delle regole di tassazione (tema da lungo invocato dagli investitori esteri).

Alla luce di tutto questo possiamo dire che il sostrato giuridico italiano è pronto per recepire nuove operazioni di nuova generazione per mettere alla prova le nuove regole introdotte.

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