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28 Luglio 2017

L'investimento nell'immobiliare si fa sul web

di Luigi Dell'Olio, Monitorimmobiliare

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Una raccolta di 34 miliardi di dollari nel corso del 2016, che quest’anno dovrebbe andare quanto meno al raddoppio. Il crowdfunding cresce rapidamente (la raccolta non superava il miliardo solo nel 2013), evidenziando la forte domanda di canali alternativi a quello bancario.

Caratteristiche del mercato

Il termine nasce come crasi tra la parola “crowd”, cioè “folle” e “funding”, per cui consiste in una raccolta di denaro attraverso la Rete, con anonimi finanziatori che si sostituiscono alla tradizionale filiale. Una necessità imposta dal nuovo scenario di mercato, che da una parte consente – grazie allo sviluppo tecnologico – di accedere a una platea potenzialmente sterminata di creditori e dall’altra vede le banche orientate a una maggiore prudenza rispetto al passato sul fronte delle concessioni di credito.

Esistono varie forme di crowdfunding, tra cui tre categorie di grande interesse per chi cerca finanziamenti: il social lending, cioè i prestiti tra privati, con l’intermediazione di una piattaforma Internet; l’invoice trading, che mette in contatto le Pmi che hanno fatture da scontare per finanziare il proprio circolante con investitori più o meno professionali; infine l’equity crowdfunding, cioè l’acquisto di titoli partecipativi. 

Mercato nazionale al decollo

Secondo rilevazioni di CrowdfundingBuzz, nei primi sei mesi del 2017 il mercato italiano del crowdfunding ha registrato una raccolta di 5 milioni di euro per 23 società. Un dato in assoluto molto contenuto, ma che ha già superato i 4,3 milioni dell’intero 2016. In media, per ciascuna campagna sono stati 63 gli investitori che hanno sottoscritto le quote offerte, per un investimento medio a testa di 3.500 euro. Il dato è dirompente se confrontato con le medie del 2016: 39 investitori per campagna che avevano investito 5.800 euro.

Novità nel real estate

Da segnalare il debutto della prima iniziativa di equity crowdfunding in campo immobiliare. Infatti è da poco sbarcata in Italia la piattaforma Housers, creata nel 2015 in Spagna, che in due anni ha messo in piedi una community di 50mila utenti di una novantina di nazionalità, che hanno investito più di 25 milioni di euro su un totale di 102 immobili, di cui due a Milano.

Housers permette di investire su uno o più asset partendo da un investimento minimo di 50 euro. Chiunque, previa registrazione alla piattaforma, può avere accesso all’elenco delle opportunità di investimento e scegliere di investire prestando anche piccole quote. Ogni mese l’investimento, oltre al rimborso del capitale prestato, garantisce un interesse commisurato sugli affitti che l’immobile è in grado di generare. Il prestito erogato fornisce così ai singoli investitori una garanzia concreta essendo direttamente collegato ad uno specifico bene immobile.

L’Intervista

Di Housers abbiamo parlato con l’ad italiano Giovanni Buono.

Il fintech è il fenomeno del momento, ma finora non c’erano state particolari iniziative nell’immobiliare, almeno in Italia. Come nasce la vostra idea?

“Abbiamo come missione portare al pubblico generalista la possibilità di investire negli immobili, come già avveniva per i detentori di grandi patrimoni. Il sito offre una vetrina di immobili da vendere subito o ristrutturare per una successiva locazione. La soglia minima di investimento a 50 euro indica il target al quale ci rivolgiamo, vale a dire il piccolo investitore”.

In sostanza con pochi euro si può diventare investitori dell’immobiliare. La vostra società indica il rendimento atteso?

“Esatto. In primo luogo andiamo a individuare le maggiori opportunità nelle grandi città europee, grazie anche all’impiego dei big data. Quindi facciamo un approfondimento anche a livello di quartieri. In questo periodo vediamo grandi opportunità soprattutto nel Sud Europa, che maggiormente è stato impattato dalla grande crisi internazionale e ora si sta rialzando. Quanto all’Italia, le maggiori opportunità sono a Milano”.

Qual è la fiscalità prevista, c’è da pagare l’Imu?

“No, si tratta di redditi diversi per cui vanno dichiarati nel modello Unico”.

Qual è il rendimento medio annuo di questi investimenti?

“Ciascuna operazione ha sue caratteristiche. Finora il rendimento è stato intorno al 4%”.


Questo articolo, con la videointervista, è presente su REview di questa settimana. Leggi gratuitamente il numero completo!

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