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3 Aprile 2020

Il 'whatever it takes' dell'Europa sarà efficace?

di Azad Zangana, Senior European Economist and Strategist, Schroders

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Si prevede che la crisi del coronavirus causerà la recessione più profonda dagli anni ’30. Con l’Europa che è ora diventata l’epicentro della diffusione, come stanno rispondendo i governi alla crisi e quanto saranno efficaci le misure messe in campo?

Il primo elemento da sottolineare è che gli annunci fatti finora non saranno gli ultimi. Abbiamo già visto diversi round di misure introdotte, come per la BCE e la BoE, che dopo l’iniziale allentamento sono state forzate a lanciare nuovi interventi. È possibile che vedremo ulteriori easing, tuttavia l’efficacia delle loro azioni è al limite. Gli investitori stanno quindi iniziando a spostare la loro attenzione sui dettagli dei pacchetti fiscali annunciati.

Pacchetti fiscali ambiziosi

L’approccio di gran parte degli stati membri dell’UE è stato di aiutare famiglie e imprese a colmare il divario tra la perdita di reddito in questa fase e i costi necessari per la sopravvivenza.

Per le imprese, ciò significa prestiti/contributi/ differimenti d'imposta e aiuti per coprire i costi volti a evitare il licenziamento del personale.

Per le famiglie, oltre a maggiori finanziamenti dedicati al settore sanitario, gran parte delle politiche mirano a sostituire il reddito perso a causa del virus, in diversi modi: attraverso tradizionali benefit di previdenza sociale, pagamenti dedicati alle persone che si muovono verso la disoccupazione, taglio delle ore lavorative o permessi concessi al personale.

A livello di stimoli diretti, la Germania ha lanciato un pacchetto pari a circa il 4% del Pil, in Francia e Regno Unito lo stimolo è pari a circa il 2% del Pil, mentre l’Italia ha annunciato misure pari a circa l’1,5% del Pil.

La maggior parte dei governi ha anche annunciato ambiziosi schemi di garanzia su prestiti/crediti, con cui i governi offrono di coprire parzialmente le perdite derivanti da prestiti che rientrano nello schema sottoscritto dalla banca.

Stimoli diretti vs. garanzie sui prestiti: qual è la differenza?

È importante distinguere tra stimoli fiscali diretti e garanzie sui prestiti, soprattutto dato che gran parte dei capitali annunciati verranno dedicati ai secondi. Gli stimoli diretti includono tagli fiscali, aumenti nella spesa pubblica, aiuti diretti. Queste misure mirano a sostenere i redditi in una fase in cui lo stop all’attività economica potrebbe portare famiglie e business a rimanere a corto di denaro.

Al contrario, le garanzie sui prestiti dovrebbero essere considerate come una sorta di assicurazione invece che di stimolo diretto. Anche se i Paesi stanno introducendo schemi differenti, generalmente questi mirano a permettere alle banche di erogare prestiti con una parte del valore (50-80%) sostenuta da garanzie fornite dallo stato in cambio di una commissione. Ciò implica che se il mutuatario non riuscirà a rimborsare un prestito, o se il prestito viene ristrutturato, con l’applicazione di una riduzione di valore, il Governo ricompenserà il creditore (prevalentemente banche).

Tra i benefici legati a questo tipo di schemi c’è la salvaguardia del sistema bancario. Una delle eredità della crisi finanziaria globale è che le banche sono state costrette a rafforzare significativamente i loro bilanci. Tuttavia, se la recessione dovesse trasformarsi in una crisi estesa, allora la loro resilienza sarebbe messa alla prova, e il supporto o il salvataggio da parte dei governi sarebbe necessario. L’uso di garanzie sui prestiti potrebbe mitigare precocemente questi rischi.

Questi schemi incoraggeranno le banche ad erogare più prestiti? É molto discutibile. L'adozione di schemi simili durante la crisi finanziaria globale è stata inferiore al previsto. In ogni caso, le aziende si troveranno ora in modalità di conservazione del capitale, mentre valutano l'entità della crisi. Pertanto, qualsiasi nuova domanda di liquidità sarà destinata a coprire le spese, piuttosto che agli investimenti.

Le misure di stimolo fiscale saranno efficaci?

I fondi allocati per gli schemi di garanzia (pari a circa il 15% del Pil in media) sono sostanzialmente passività potenziali per i governi. Essi verranno utilizzati e riconosciuti solo se le inadempienze sui prestiti aumenteranno notevolmente e se tali prestiti rientreranno tra quelli coperti dagli specifici schemi.

Quindi, quando si considerano le dimensioni effettive degli stimoli, gli investitori dovrebbero focalizzarsi sui pacchetti diretti annunciati (in media attorno al 2,5% del Pil in Europa). Si tratta di una cifra piuttosto piccola rispetto alle dimensioni del rallentamento atteso. Tuttavia, questi dati non includono le proiezioni sui costi per gli stabilizzatori automatici: sistemi di previdenza sociale che si attiveranno in caso di necessità.

Gli stabilizzatori automatici sono molto generosi in Europa rispetto, per esempio, agli Stati Uniti o ad alcune parti dell’Asia. Di conseguenza, c’è minore necessità di annunciare pacchetti di stimolo diretto in Europa, dato che i benefit sociali funzioneranno già da rete di salvataggio.

Ci si aspetta che le finanze pubbliche si deterioreranno rapidamente come risultato della crisi. I deficit potrebbero tranquillamente raggiungere numeri a due cifre rispetto al Pil entro la fine del 2020. Tuttavia, maggiore è il supporto, maggiore è la probabilità che gran parte delle aziende sopravviverà ai periodi di “lockdown”, minimizzando l’aumento del tasso di disoccupazione e supportando la ripresa a “V” che abbiamo stimato nel nostro scenario base.

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