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18 Marzo 2016

Due esigenze da conciliare nelle nuove regole sul mutuo

di Raffaele Lungarella e Francesco Vella

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Nella discussione parlamentare sul decreto legislativo di recepimento della direttiva europea 2014/17 sui mutui ipotecari, l’attenzione si è concentrata soprattutto sulla norma che consente un patto tra banca e cliente affinché, in caso di inadempimento, il debito si estingua con la restituzione o il trasferimento alla banca stessa dell’immobile oggetto della garanzia reale. L’articolo 40 del Testo unico bancario già adesso permette alla banca di chiedere la risoluzione del contratto di credito in caso di ritardo nel pagamento della rata del mutuo per sette volte consecutive.

L’effetto congiunto delle due norme fa sì che sette mesi di morosità autorizzano la banca a vendere direttamente l’abitazione ipotecata, senza passare per l’asta indetta dall’autorità giudiziaria. 

Questa possibilità ha sollevato molte polemiche poiché se da un lato la vendita diretta deve essere prevista nel contratto di mutuo, e quindi con l’assenso del cliente, dall’altro il cliente stesso potrebbe trovarsi in una condizione di debolezza nel rifiutarne la sottoscrizione, soprattutto se il finanziatore la pone come condizione per concedere il mutuo. La banca potrebbe anche rendere “conveniente” per il cliente accettare la condizione offrendo uno sconto sul tasso di interesse: in fondo, la possibilità di vendere direttamente la casa riduce, per la banca, il rischio connesso all’asimmetria informativa.

Il governo si è successivamente dichiarato disponibile ad accogliere le indicazioni contenute nei pareri delle commissioni parlamentari, apportando alcune significative modifiche al testo originario. Non sarà più possibile, per la banca e il cliente, accordarsi per il trasferimento dell’abitazione anche dopo la sottoscrizione del contratto: viene così meno la preoccupazione che le nuove norme possano essere applicate anche ai mutui già ora in sofferenza. Si risolverà anche un altro dubbio: se il prezzo ricavato dalla vendita, effettuata previa la stima di un perito indipendente, non è sufficiente per saldare il debito, la banca non può pretendere altro dal debitore, mentre invece sarà tenuta a restituire l’eventuale maggiore importo incassato.

In deroga al comma 2 dell’articolo 40 del Tub, il governo dovrà, inoltre, introdurre una norma che eleva a 18 il numero delle rate mensili non pagate prima che si possa procedere alla vendita della casa. Miglioramenti da molti ritenuti ancora insufficienti, soprattutto se si pensa alle famiglie in difficoltà economiche e che potrebbero perdere l’abitazione, con il pericolo quindi di generare rilevanti problematiche sociali.

Al di là di facili slogan e derive populiste, sempre in agguato nei periodi preelettorali, c’è oggettivamente il problema di cercare un equilibrio tra due distinte esigenze: accelerare le esecuzioni immobiliari, con tutti i dovuti presidi di trasparenza e correttezza, poiché è uno dei presupposti per rendere più efficiente, rapida e meno costosa l’attività di erogazione, senza però ulteriormente gravare su clienti che attraversano situazioni di oggettive difficoltà e disagio in grado di degenerare con la perdita dell’abitazione. Nel nostro sistema, al ricorrere di determinati eventi, già oggi chi si trova in difficoltà economiche può chiedere alla banca di sospendere il pagamento di diciotto rate del mutuo.

Sono strumenti effettivamente utilizzati, a testimonianza di una problematica di indubbia rilevanza sociale. In altri ordinamenti, il legislatore è intervenuto con specifiche procedure.

Ad esempio, in Spagna un decreto del 2012, attraverso la definizione di un codice di “buone prassi”, prevede che le famiglie in difficoltà nel pagamento delle rate del mutuo possano proporre un piano di ristrutturazione del debito fatto per l’acquisto della prima casa. L’adesione della banca comporta la sospensione dell’ammortamento del capitale per quattro anni e, durante questo periodo, un tasso di interesse pari all’Euribor aumentato di 25 punti base; il periodo di rimborso può essere allungato fino a quaranta anni. Se, malgrado queste misure, l’importo annuo delle rate del mutuo non si abbassa al di sotto 60 per cento del reddito familiare (che è condizione e obiettivo al tempo stesso del piano di ristrutturazione), può essere chiesta anche una riduzione della parte capitale del debito.

Quando non ricorrono queste condizioni può essere concordata una procedura attraverso la quale il cliente può saldare le sue pendenze con la banca cedendo l’abitazione. La banca è tenuta ad accettare l’offerta e la consegna dell’abitazione comporta la cancellazione totale del debito garantito e di ogni altra pretesa nei confronti sia del debitore sia di eventuali terzi che avessero fornito altre garanzie reali o personali.
Per conciliare le due esigenze anche in Italia, si tratta, allora di valutare se la tastiera di strumenti a disposizione sia sufficiente o se non se ne debba ampliare la portata (e la dimensione finanziaria) per far fronte a quelle situazioni di maggior impatto sociale in grado di pregiudicare il diritto all’abitazione e a una vita decente.

Per lavoce.info

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