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18 Febbraio 2019

BNP Paribas RE: prospettive positive per l'Italia nel 2019 (video)

di F.B.

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Come si è chiuso il 2018 in una prospettiva internazionale?

Il 2018 è stato un anno abbastanza affascinante. Sicuramente ha dato degli elementi di lettura interessanti e abbastanza semplici da leggere. Un dato tra tutti: l’anno scorso ci sono stati solo due Paesi in Europa che hanno avuto una flessione sui volumi, Regno Unito e Italia. E’ intuitiva la ragione per la quale il mercato britannico non stia procedendo nel migliore dei modi, meno intuitivo il dato italiano che ha generato una flessione del 20% dei volumi. In un mercato in cui c’è ancora tanta liquidità e ci aspettiamo che ce ne sia ancora per l’anno prossimo, in cui questa liquidità ha cercato rendimenti che potessero essere un po’ più alti di quelli disponibili nei mercati maturi, abbiamo assistito a movimenti di vario tipo. Alcune realtà come Germania e Francia hanno guardato verso Polonia, Portogallo, Scandinavia. L’Italia è rimasta sotto costante osservazione. Questi Paesi sono cresciuti di volume a discapito del nostro mercato. Mi aspetto che questa tendenza perdurerà anche nell’anno in corso. Dobbiamo valutare quanto questi shock esogeni che ci sono stati nel 2018 si potranno ripetere nel 2019, un anno che si apre con la Brexit, con tante cose che potranno succedere a livello continentale. Per quanto riguarda l’anno scorso, a mio parere il mercato è cambiato, abbiamo perso un’occasione, perché fare due anni sopra i 10 miliardi di volumi sarebbe stato un bel segnale. Mi aspetto un mercato simile, con un inizio d’anno interessante, sono aumentati gli investitori domestici che iniziano ad essere più istituzionali rispetto al passato. Ci sono note positive, ma la strada da percorrere rimane ancora tanta.

Quali sono le tendenze per l’Italia nel 2019?

Vedremo sicuramente un mercato simile a quello dell’anno scorso. I trend principali sono ricerca di rendimento e di sicurezza, macrotrend che c’è ovunque. Uffici, come sempre, uniti alle classi alternative. Abbiamo osservato la tendenza europea a investire nella logistica. Quest’anno è stato stimato che potremmo avere circa due miliardi di transazioni sul segmento hotel. Le asset class alternative dovranno essere quelle che possono dare maggiore forza al mercato. Il retail è un mercato che ha sempre coperto circa un quarto dei volumi, nonostante paghi un trend mondiale basato anche su una mancanza di comprensione dei prodotti offerti.

Quello italiano rimarrà un mercato internazionale. E’ interessante operare una distinzione su tre diverse tipologie di investitori, europei, domestici, extra UE. Gli investitori europei conoscono l’Italia attraverso le loro sedi locali e conoscono gli italiani meglio di noi stessi. Sanno che l’instabilità è figlia di una storia che ci ha portato negli ultimi anni ad essere instabili e sanno gestire questa situazione. Gli investitori domestici allocano per definizione sull’Italia. Quelli extra UE hanno pesato tanto nel 2018 e peseranno ancora tanto nel 2019, perché sono investitori che cercano sicurezza e l’Europa è vista ancora come una zona sicura. Questi soggetti non conoscono il nostro Paese, hanno paura dell’instabilità, hanno bisogno di sicurezza e quindi possono essere un po’ spaventati. Alcuni numeri forse possono aiutarci a capire meglio: l’anno scorso abbiamo avuto una diminuzione del 22% nelle transazioni, un valore simile al -20% circa del volume di transazioni extra UE sull’Italia. Vuol dire che gli europei hanno continuato a investire, gli italiani anche, chi ha iniziato a investire in Polonia o Spagna sono i soggetti al di fuori del contesto europeo. Noi ci abbiamo lavorato ma facciamo fatica a spiegare l’incertezza politica e i problemi tipici del nostro Paese a chi è abituato a situazioni completamente diverse.

Qual è il punto di vista sull’Italia degli investitori extraeruropei?

Il mercato è globale, lo è sempre di più. Se prendiamo un qualunque investitore internazionale, che ha capitali da destinare all’estero, per lui investire a Huston, a Varsavia o Milano è più o meno indifferente. In un mercato trasparente è importante che l’investitore straniero sia messo nelle condizioni di avere le giuste informazioni. Bisogna fare tanto da questo punto di vista. C’è un livello di professionalità all’interno del nostro mondo che è cambiato molto, secondo me siamo su una buona strada. Abbiamo investitori che si muovono, questo crea liquidità.

Non sarà così immediato capire come muoversi, però vedo un grande fermento, il livello medio dei professionisti che operano nel nostro settore è molto aumentato. Abbiamo fatto le prime operazioni e siamo in grado di interfacciarci con diversi soggetti. Quello italiano rimane un mercato piccolo, che comunque cuba ancora troppo poco rispetto alle principali piazze a livello globale, troppo ancorato a determinate aree come Milano. Il capoluogo lombardo da solo non può trainare tutta l’Italia. La condizione di due terzi del nostro Paese è difficilmente spiegabile all’investitore internazionale. Più si va a Sud e più le metriche degli investimenti in real estate rimangono quelli di una volta. L’anno scorso abbiamo assistito a una grande esplosione di Roma, con determinati deal più che con uno studio di lungo periodo. Bisogna sviluppare anche le aree in cui oggi siamo un po’ carenti.



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