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1 Febbraio 2020

Affitti brevi: ritirato l'emendamento anti Airbnb, ora riforma ad hoc

di G.I.

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E’ stato ritirato l'emendamento al dl Milleproroghe a firma del Pd sugli affitti brevi. Il testo era stato depositato alla Camera, nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio. La proposta di modifica stringeva le maglie per coloro che affittano per brevi periodi stanze, case vacanze o appartamenti, e avrebbe riguardato anche colossi come Airbnb che da sola, in Italia, conta 459mila appartamenti in affitto. Tutto rinviato, dunque.

Nel dettaglio, veniva prevista la possibilità per i Comuni di mettere a punto un regolamento che si occupi degli affitti lampo o di breve durata, seguendo due criteri: "Consentire l’attività di locazione di breve periodo di alloggi per uso turistico, in qualunque forma sia svolta - si legge - subordinatamente al rilascio di una licenza comunale, stabilendo annualmente il numero di licenze comunali a disposizione e i criteri per la relativa assegnazione".

E ancora: il futuro regolamento comunale avrebbe dovuto "stabilire un limite di durata delle locazioni in un anno solare, differenziandolo anche in relazione alle esigenze delle zone del territorio amministrato, con specifico riferimento ai centri storici e le aree di interesse culturale e artistico".

Un problema scottante, questo degli affitti brevi, che da più parti richiede di essere affrontato per essere regolarizzato e riformato in maniera organica. Un mercato ancora senza regole da cui il Fisco raccoglie solo le briciole.

Basti pensare che solo Airbnb nel 2019 ha ospitato in Italia 11,5 milioni di persone (il 78% stranieri), il 22% in più dell’anno precedente, per una cifra pari a 2 miliardi di euro. Il doppio degli incassi delle prime dieci catene alberghiere, l’11% del fatturato di tutto il settore e una cifra che fa della società di San Francisco il numero uno delle vacanze in Italia. L’unica cosa che è cambiata poco sono stati i versamenti all’Erario, che di questa pioggia d’oro ha raccolto ben poco: Airbnb Italy ha pagato in tutto 400mila euro di tasse al Fisco italiano tra il 2012 e il 2017, cifra salita a 6 milioni – arretrati compresi – nel 2018 dopo un confronto serrato con l’Agenzia delle entrate.

Da più parti, dunque, arriva la richiesta di una riforma organica del settore dell'ospitalità. Il Governo, in realtà, sta già lavorando, proprio in questi giorni, al disegno di legge sul turismo collegato alla manovra.

Nello specifico, la proposta di modifica al decreto, a firma di Nicola Pellicani e Rosa Maria Di Giorgio, prevedeva di lasciare ai Comuni la possibilità di creare una licenza ad hoc per gli affitti brevi, fissando sia un tetto al numero di permessi sia "un limite di durata delle locazioni in un anno solare, differenziandolo anche in relazione alle esigenze delle zone del territorio amministrato, con specifico riferimento ai centri storici e le aree di interesse culturale e artistico". L'affitto di più di tre stanze, anche in case diverse, per meno di 8 giorni, si sarebbe configurato come attività d'impresa.

Immediate le reazioni.

La prima a dire no è stata Italia Viva che, tramite Marattin, ha annunciato il voto contrario alla proposta spiegando che "una migliore regolamentazione non ha nulla a che vedere con maggiore burocrazia, con il blocco del mercato e con il freno ad un'attività che finora ha stimolato turismo e ha portato benefici a tutti".

Di "vincoli soffocanti e di dubbia legittimità costituzionale alla locazione breve" ha parlato il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che ha evidenziato come "sugli affitti brevi si siano susseguiti una serie infinita di stringenti interventi legislativi, da ultimo sul piano fiscale e della sicurezza. Sarebbe ora di fermarsi e, soprattutto, di iniziare ad occuparsi di immobili con un'ottica incentivante anzichè punitiva".

A spiegare il futuro delle norme sugli affitti brevi è stato proprio il deputato Pd Nicola Pellicani, primo firmatario della proposta per la stretta sugli affitti brevi al dl Milleproroghe: "Ho accolto l'invito del governo al ritiro" della proposta di modifica "in quanto lo stesso governo si è impegnato a riprendere i contenuti dell'emendamento all'interno del Collegato alla Legge di Bilancio sul turismo" spiega sul suo sito Pellicani. La regolamentazione degli affitti brevi secondo il deputato dem "non è più rinviabile. E' un tema che rientra più in generale nel Dossier Venezia e nella gestione dei flussi turistici" ed "è chiaro che pensare di risolvere un problema così complesso con un semplice emendamento era una forzatura, ma l'obiettivo era gettare il sasso nello stagno. Mettere di fronte Parlamento e Governo a un problema che, in una città come Venezia, è esplosivo". Secondo il Movimento 5 Stelle, il settore dell'ospitalità "ha bisogno di un'organica cornice normativa che garantisca la sicurezza di operatori e utenti, una concorrenza leale e una sburocratizzazione che il settore, compreso quello degli affitti brevi, aspetta da anni". Per questo "non può essere sufficiente un singolo emendamento per affrontare il problema". Così, sottolineano Angela Masi e Lucia Scanu, deputate M5S della commissione Attività produttive della Camera, "si rischia soltanto di giungere a soluzioni frettolose e dunque, parziali: quello che intendiamo fare nelle prossime settimane è incontrare gli stakeholders del settore per valutare insieme le scelte migliori, dal punto di vista normativo, per accompagnare il settore in questa fase di cambiamento. Lavoriamo per una soluzione che porti alla definizione di una cornice normativa articolata e completa. Auspichiamo di poterlo fare già nel collegato del turismo che arriverà a breve".

Anche Fiaip plaude al ritiro dell’emendamento che “avrebbe introdotto, anche in quest’occasione inutili vincoli per gli affitti brevi. Bisogna invece fare attenzione – ha sottolineato il presidente Gian Battista Baccarini - su questo tema delicatissimo per l’economia, il Real Estate e lo sviluppo economico del territorio.

L’emendamento in questione, voluto assai probabilmente dagli albergatori, intendeva affossare le locazioni turistiche, invece di dare linfa al tessuto economico cittadino, contenere il fenomeno dello svuotamento dei centri storici e creare un forte stimolo per tutte le attività economiche e per il turismo – aggiunge Baccarini - Gli immobili sono una risorsa per il Paese e consentire l’attività di locazione di breve periodo di alloggi per uso turistico è un diritto per molti proprietari che investono nel settore. Per questo come Fiaip chiediamo al Governo un Tavolo urgente sulla riforma delle locazioni, volto ad analizzare il fenomeno e a strutturare insieme alla Regioni e al Governo misure di medio lungo termine per il comparto”.

"Sbagliato – avverte Marco Celani, amministratore delegato di Italianway - il metodo e sbagliato l'intento: limitare l'esercizio d'impresa affidandosi all'arbitrio dei Comuni non serve a far emergere il nero, tutt'altro lo favorisce. il 75% delle prenotazioni nel settore extra alberghiero non passa dal web, quindi non è tracciabile. In altre parole il digitale non è affatto terreno fertile per il nero, tutt'altro". Il dato è dell'Osservatorio innovazione digitale sul turismo del Politecnico di Milano secondo il quale la condivisione di alloggio tra privati (impropriamente definita sharing economy) supera il 30% del mercato digitale degli alloggi”.

Quanto alle accuse verso l'extra alberghiero come causa di overtourism e desertificazione dei centri storici, infine, Celani chiarisce: "Chi fa business strutturato in questo settore lavora con viaggiatori internazionali 'alto spendenti' che portano ricchezza e stimolano i proprietari di case sfitte ed inutilizzate a rimetterle a nuovo, dando respiro all'edilizia e lustro all'urbanistica. I nostri viaggiatori sono cittadini temporanei che sognano un'esperienza di soggiorno all'italiana e per questo sono disposti a spendere immergendosi nella realtà locale che hanno scelto. Ciò non toglie - conclude - che il problema dei grandi flussi esista e che vada regolamentato il fenomeno con una legislazione armonica, omogenea a livello nazionale; ma la cosiddetta desertificazione dei centro storici non si può certo imputare ad un settore come il nostro, sempre più vero traino dell'economia nazionale".

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