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17 Dicembre 2014

Sunia: su case popolari dimezzate le risorse

di I. L.

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Otto mesi di attesa per un provvedimento che deve mettere mano alla questione dell'emergenza abitativa e ora il decreto ministeriale sul recupero delle case popolari sfitte stanzia solo pochi spicci. Lo segnala Daniele Barbieri, segretario generale del Sunia, sindacato degli inquilini, commentando indiscrezioni di stampa sulla bozza di decreto.

Dei 468 milioni previsti dal decreto con cui il governo varò, nei mesi scorsi, misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015, "solo 67 miliardi – rivela Barbieri - sarebbero immediatamente utilizzabili, dei restanti 400, 130 milioni sono scomparsi e 270 sono ripartiti in un periodo lunghissimo di dieci anni". 

Evidente la divaricazione tra la gravità dell'emergenza e del disagio abitativo e la pochezza, in termini di risorse e strategie, destinate a contrastare il fenomeno e rispondere alla domanda debole – aggiunge -. Senza un cambio di passo l'emergenza continuerà a crescere con esiti incontrollabili".

L'Unione inquilini ha invece inviato una richiesta formale alla Conferenza Unificata, alla Conferenza delle Regioni e all'Anci, per essere convocati in audizione in merito al decreto attuativo della legge 80 del 2014 che riguarda le procedure di dismissione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica: l'associazione chiede infatti che sia esplicitamente escluso il ricorso alle aste per le dismissioni del patrimonio immobiliare delle case popolari.

“Con la vendita all'asta - spiega una nota - si determina la conseguenza che pezzi del patrimonio pubblico che la legge riserva a categorie svantaggiate passano in mano a soggetti economicamente forti; si precarizza la condizione abitativa di chi vive nelle case popolari e che sicuramente non ha redditi che possano consentire di esercitare un ipotetico diritto di prelazione sul prezzo di aggiudicazione delle suddette aste. Per l'associazione la priorità deve essere investire nell'edilizia sociale per rispondere alle richieste di abitazioni a canone sociale invase. Sono infatti circa 700mila le domande di una casa popolare da parte di nuclei che ne avrebbero diritto e che rimangono nei cassetti dei comuni per impossibilità di fornire risposte”.

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