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26 Agosto 2015

Studenti in affitto: Milano e Roma le città universitarie più care

di C.G.

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Vacanze agli sgoccioli anche per gli studenti e matricole universitarie: con la ripresa delle lezioni si riapre la caccia all'alloggio in vista del nuovo anno accademico.

Quali sono le città universitarie dove i proprietari di un appartamento in prossimità di atenei e facoltà possono chiedere canoni più cari in un mercato affitti raramente mediato dalle agenzie immobiliari e più spesso affidato al passaparola e alle bacheche di annunci online?

E quali invece le città più accessibili per chi studia lontano da casa?

Nella classifica dei centri più costosi d'Italia, in prima posizione si conferma Milano davanti a Roma.

Ben piazzate anche anche Firenze, Siena e Bologna.

Più conveniente, invece, scegliere di studiare in città come Trieste e Salerno.

Dai risultati di una rielaborazione su dati Censis di Skuola.net, che ha intervistato duemila universitari chiedendo loro quanto spendono in affitto è emerso che nel capoluogo lombardo servono in media circa 650 euro per l'affitto mensile di un monolocale.

Roma è la seconda in classifica con 600 euro al mese per aggiudicarsi una sistemazione in affitto, sempre scegliendo come base di confronto un monolocale.

Al terzo posto c'è Firenze con una media di 500 euro.

Subito dopo Siena e Bologna con 400 euro.

Più a buon mercato altre città universitarie: a Trieste o a Salerno gli studenti possono cavarsela con 200 euro, a Messina con 250 e Pavia con 280 euro.

A Padova sono necessari 300 euro.

Circa il 60% del campione degli studenti fuorisede intervistati vive in appartamenti privati, il 24% nelle residenze universitarie e il 17% nei collegi.

L'indagine ha anche messo in luce il problema degli affitti in nero: uno studente su sette tra coloro che pagano un affitto dichiara di non avere un regolare contratto.

E il 26% dei ragazzi non denuncia l'irregolarità perché ha paura di perdere l'alloggio.

C'è poi un 10% di intervistati che non denuncia perché crede di non avere vantaggi con un contratto in regola, mentre il 19% pensa che la mancanza di un contratto sia vantaggiosa.

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