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17 Gennaio 2016

Stiamo già vivendo l'immobiliare del futuro?

di Enrico Casadei

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La ripresa del mercato immobiliare italiano sembra iniziata. Anzi il premier Matteo Renzi ha assicurato che l’obiettivo dell’Esecutivo per quest’anno sarà “far ripartire il settore immobiliare con un livello di efficientamento energetico degno di questo nome”. Evidentemente ha analizzato i numeri del caso e ritiene che sia possibile una ripartenza del settore.

Nel 2015, segnala il Barometro Crif, la domanda di mutui è cresciuta del 53% rispetto al 2014. Quindi un dato più che positivo, siamo già a cavallo. Però, fanno notare sempre da Crif, il numero di richieste è stato sostenuto “dalle condizioni decisamente appetibili offerte dagli istituti di credito e dal fenomeno delle surroghe, che continuano ad essere convenienti grazie ai bassi livelli dei tassi applicati ai nuovi mutui”. Inoltre la situazione a fine dicembre comparata con lo stesso mese del 2009 fa segnare un -19%. Senza contare che scende ancora l’importo medio richiesto: ci attestiamo a circa 120 mila euro dai 140 mila di fine 2009. Ma non soffermiamoci su questi dati da gufi.

Richiamiamo il dato delle nuove erogazioni di mutui per l’acquisto di immobili da parte delle famiglie segnalato dall’Abi: nei primi nove mesi del 2015 abbiamo un +92% rispetto al medesimo periodo del 2014. L’incidenza delle surroghe è a un terzo. Tuttavia è bene ricordare anche lo stock di prestiti alle famiglie e alle società non finanziarie dalle banche a fine settembre 2015: 1.412 miliardi di euro. In calo dello 0,3% rispetto al settembre precedente. Comunque meglio del -4% a/a circa del settembre (a 1.426 miliardi). Gli istituti di credito hanno quindi concesso più mutui (tenendo conto delle surroghe), ma la quantità di capitale messa in circolazione è rimasta sostanzialmente invariata. Come se questo dato non bastasse questo a rovinare il quadretto, ci si mette anche l’Osservatorio sul Credito al Dettaglio realizzato da Assofin, CRIF e Prometeia, che stima nello stesso periodo una crescita del 21,3% dei mutui di cui però è la componente degli “altri mutui” a farla da padrona con un +187.1%, per effetto dell’impennata delle surroghe +780.6%. Questo spiegherebbe le risultanze dell’Abi. “I mutui di surroga, che continuano a essere molto convenienti per i bassi livelli dei tassi applicati sulle nuove operazioni, arrivano – sottolineano dall’Osservatorio del Credito al Dettaglio – a rappresentare oltre un quarto dei volumi complessivamente erogati nei primi nove mesi del 2015”.

Ad ogni modo ci sono altri dati favorevoli alla ripresa. Il numero di case all’asta è sceso di un eloquente 6,7% da luglio a dicembre 2015 arrivando a 28.672 procedure. È quanto segnalato dal Centro studi Sogeea che sottolinea per bocca del suo presidente Sandro Simoncini come si tratti di un “importante inversione di tendenza rispetto al recente passato”, in cui il numero di aste non faceva che aumentare. Simoncini ha dato anche una motivazione di questa frenata: “Le banche sono consapevoli che il valore degli immobili è drasticamente calato negli ultimi anni e, di conseguenza, un’asta non le farebbe comunque rientrare dei capitali erogati”. A fianco degli immobili già all’asta ci sono quelli su cui è in corso un’esecuzione. Si tratta di abitazioni che presto o tardi, tenendo conto della giustizia italiana di parla di due-tre anni, arriveranno all’asta se il debitore non salda il conto. Nel 2015 Re/Finance Npl - Astasy Analytics ha registrato oltre 225 mila esecuzioni immobiliari per singolo lotto esperite. Un numero così alto potrebbe segnalare un mercato ancora fermo, in cui non si riescono a portare a termine le vendite all’asta.

D’altronde i prezzi delle case continuano la caduta libera, pur avendo aperto il paracadute, mentre quelli degli affitti no. I prezzi delle case (già esistenti) sono scesi dal 2010 al terzo trimestre 2015, secondo dati Istat, di quasi un quinto. Al contrario i canoni degli affitti sono scesi sì, nel periodo 2010-2014 di un decimo, ma hanno già iniziato la risalita. Il costo della locazione nell’anno appena concluso, secondo il report annuale di SoloAffitti redatto in collaborazione con Nomisma, è aumentato di quasi del 2%. Inoltre sempre più italiani preferiscono l’affitto, la percentuale passa dal 50,3% del 2014 al 59,8% attuale. Evidentemente investire in una casa non sembra più un investimento sicuro, ma un tetto sulla testa gli italiani devono avercelo. Discorso diverso per le nuove case che hanno mantenuto il prezzo praticamente inalterato negli ultimi 5 anni. Sembrerebbe quindi che agli italiani manchi la spinta necessaria per investire in nuovi immobili anche se si tratta di un investimento che ha mantenuto valore. D’altra parte quale convenienza avrebbe una coppia di novelli sposi a imbarcarsi nella costruzione di un nuovo nido quando potrebbe già trovarne uno sul mercato a un prezzo inferiore.

Il sole dietro le nuvole innegabilmente c’è, ma le nuvole sono ancora tutte lì. Potrebbe essere che l’Italia debba imparare a convivere con un nuovo paradigma: le nuvole potrebbero non andarsene più.

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È online il nuovo numero di REview. Questa settimana:   Student Housing: accordo per 800 nuovi