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15 Marzo 2017

Simoncini: svincolare riforma da invarianza di gettito

di Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l'università Sapienza di Roma

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Ci voleva l’ennesima bacchettata dell’Unione Europea perché tornasse alla ribalta il tema della riforma del catasto, una delle grandi incompiute dell’attuale legislatura. A un paio d’anni di distanza dall’ultimo, infruttuoso tentativo, il Governo sembrerebbe orientato a ripercorrere la stessa strada, tenendo ben saldo il principio dell’invarianza di gettito come architrave del provvedimento. Se così fosse, è inevitabile ritenere che si andrà verso un altro nulla di fatto.
 
Il buon senso imporrebbe di procedere al più presto alla revisione delle rendite catastali, mettendo fine alle clamorose sperequazioni esistenti soprattutto nei grandi centri urbani e ancorando i valori a criteri improntati il più possibile all’equità sociale. Risulta paradossale, ad esempio, che un’abitazione di lusso in pieno centro storico a Roma abbia una base imponibile minore di un appartamento di periferia: ciò perché la classificazione è ormai obsoleta e non tiene conto di criteri fondamentali e oggettivi, come ad esempio il valore di mercato dell’immobile. Bloccare tutto per non derogare all’invarianza di gettito significa voler mantenere intollerabili privilegi.
 
Non si può nemmeno chiedere ai Comuni di rinunciare a un adeguamento della tassazione che ne scaturirebbe solo per evitare di scontentare qualcuno. Allo stesso tempo, per rendere più organica la riforma, si potrebbe studiare una progressività delle imposte proporzionata alle disponibilità finanziarie del proprietario: pagare Imu e Tasi anche sulla prima casa non costituirebbe un problema per chi ha un reddito consistente, mentre si potrebbero contenere gli importi, ad esempio, per coloro che si trovassero a ereditare una abitazione di pregio non avendo delle entrate adeguate.

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