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15 Dicembre 2017

Rischi e opportunità dell'internazionalizzazione

di Michele Sabatini, partner di ArbLit

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A causa della crisi che ha colpito il mercato italiano ed europeo, molti operatori nel settore delle costruzioni hanno deciso di esplorare nuovi mercati e, in particolare, quelli di Paesi in via di sviluppo. In questi mercati, anche grazie a finanziamenti erogati da organizzazioni internazionali, gli investimenti infrastrutturali (costruzione di strade, ferrovie, aeroporti, ponti, dighe, ecc.) sono in aumento e molte imprese italiane, anche di piccole e medie dimensioni, si sono aggiudicate importanti progetti.

A caccia di opportunità

L’internazionalizzazione dell’attività crea nuove opportunità ma comporta anche rischi, soprattutto se si investe in paesi affetti da instabilità politica ed economica. Può accadere, ad esempio, che a seguito di cambiamenti politici, un nuovo governo decida di interrompere progetti in corso d’opera, perché troppo costosi o non più ritenuti d’interesse pubblico. Può accadere altresì che, a seguito di insurrezioni, il governo locale non garantisca adeguata protezione e sicurezza all’investitore straniero che si vede dunque costretto ad abbandonare il cantiere e rientrare nel proprio paese. Può succedere, inoltre, che il governo decida di revocare licenze precedentemente garantite o adottare misure fiscali o leggi ad hoc che incidono in maniera rilevante sulla redditività o sulla fattività stessa del progetto fino a comportarne, nei casi più estremi, un’espropriazione di fatto.

Questi, sono solo alcuni esempi di come uno Stato può interferire negativamente su progetti intrapresi all’estero da appaltatori italiani. Ve ne sono, ovviamente, molti altri. Esistono in questi casi delle tutele specifiche?

I trattati bilaterali

La Repubblica italiana ha ratificato diversi trattati bilaterali per la promozione e protezione degli investimenti (“BIT”). Secondo fonti UNCTAD, ad oggi sono in vigore 72 BIT, la maggior parte dei quali stipulati con paesi in via di sviluppo. Inoltre, l’Italia ha ratificato la Convenzione di Washington istitutiva del Centro internazionale per la risoluzione delle controversie sugli investimenti esteri (Convenzione ICSID), che ha creato un meccanismo di arbitrato internazionale per la risoluzione delle controversie tra investitore e stato ospite dell'investimento.

I BIT garantiscono agli “investitori” di uno Stato contraente che effettuano un “investimento” nel territorio dell'altro Stato alcune tutele sostanziali. Generalmente, le definizioni di “investitore” e di “investimento” contenute nei BIT sono molto ampie. “Investitori” sono persone fisiche con cittadinanza di, o persone giuridiche con sede in, uno Stato contraente. “Investimenti” sono tipicamente beni mobili ed immobili, azioni, obbligazioni, ma anche ogni diritto conferito per legge o per contratto, nonché ogni altra licenza derivante da contratto o da concessione. È ormai abbastanza pacifico che contratti d’appalto di una certa rilevanza siano “investimenti” tutelati dai BIT. Ad esempio, limitandosi a casi ICSID che hanno coinvolto società di costruzioni italiane, sono stati ritenuti “investimenti” oggetto di tutela: (i) la costruzione di un impianto idroelettrico in Pakistan (Impregilo c. Pakistan); (ii) la costruzione di un gasdotto in Bangladesh (Saipem c. Bangladesh); (iii) la costruzione di una diga in Algeria (Salini/Italstrade c. Giordania e L.E.S.I./ASTALDI c. Algeria); (iv) la costruzione di strade e autostrade in Marocco e Libano (Salini/Italstrade c. Marocco e Toto Construzioni Generali c. Libano).

Venendo alle tutele sostanziali, i BIT prevedono tipicamente determinati standard di trattamento come (i) la “piena protezione e sicurezza”, che obbliga lo Stato ospitante a prendere tutte le misure ragionevoli per garantire la sicurezza fisica e giuridica dell’investitore straniero e (ii) il “trattamento giusto ed equo” che impone allo Stato ospitante di non adottare misure inique che ledano le legittime aspettative dell’investitore. Inoltre, solitamente i BIT prevedono (iii) la “clausola della nazione più favorita” che impone un trattamento non meno favorevole di quello riservato ad investitori di altri paesi; (iv) il divieto di nazionalizzare o espropriare l’investimento nonché di adottare misure equivalenti se non per ragioni di pubblico interesse e dietro indennizzo commisurato al valore di mercato; e (v) la libertà dei trasferimenti valutari e del rimpatrio dei profitti.

L’arbitrato d’investimento

Oltre a enunciare tutele, i BIT contengono anche efficaci strumenti per farle valere. Quasi tutti i BIT prevedono infatti che un investitore danneggiato da una violazione degli obblighi derivanti dal trattato possa azionare nei confronti dello Stato ospitante un arbitrato d’investimento. Tipicamente, i BIT prevedono diverse opzioni a scelta dell’investitore. Quelle più comuni sono: (i) arbitrato amministrato dall’ICSID; (ii) arbitrato amministrato dalla Stockholm Chamber of Commerce (SCC) e (iii) arbitrato ad hoc secondo le regole UNCITRAL.

La scelta dell’ICSID è solitamente quella più gettonata. Mentre l’efficacia dei lodi SCC o UNCITRAL è sostanzialmente equivalente a quella di qualsiasi lodo arbitrale commerciale, i lodi ICSID godono di una sorta di “statuto speciale”. L’Articolo 54(1) della Convenzione di Washington prevede infatti che ciascuno Stato contraente debba riconoscere come “vincolanti” i lodi ICISD e deve assicurarne l’esecuzione “come se si trattasse d’un giudizio definitivo d’un tribunale dello Stato in questione”. La Convenzione prevede inoltre dei meccanismi semplificati per il riconoscimento e l’esecuzione della decisione arbitrale.

Conclusione

I BIT costituiscono un’importante tutela per i costruttori italiani che investono all’estero.

Secondo statistiche dell’ICSID, negli ultimi anni gli arbitrati d’investimento nel settore delle costruzioni sono costantemente aumentati. Nel 2017 hanno rappresentato il 17% della totalità dei casi registrati.

È quindi importante che le imprese italiane (anche di piccole e medie dimensioni) verifichino l’esistenza di un BIT prima di investire in un paese straniero, soprattutto se tale paese è affetto da instabilità politica e/o economica.


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