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29 Marzo 2017

Catasto e consumi: immobiliare centrale nel nuovo Def

di Luigi Dell'Olio, Monitorimmobiliare

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Siamo ancora a livello di indiscrezioni, ma di giorno in giorno vanno sempre più delineandosi i confini del Def (Documento di Economia e Finanza) destinato a fare da base per la Legge di Bilancio 2018.

 

Partenza in salita

Trovare la quadratura del cerchio è tutt'altro che semplice, dato che la partenza è ad handicap. Per evitare che scattino le clausole di salvaguardia sotto forma di aumenti di Iva e accise occorre trovare 20 miliardi di euro. Una somma mostruosa, che corrisponde a circa l'1,3% del Pil, cioè della ricchezza prodotta ogni anno nel nostro Paese.

Stante il pressing di Matteo Renzi per non aumentare le tasse, al Governo Gentiloni non resta che provare a spingere soprattutto sul versante del taglio ai costi e della lotta all'evasione fiscale, con l'obiettivo di recuperare per queste due strade la maggior parte della somma in questione. Gli unici aumenti dovrebbero riguardare i tabacchi, con la previsione di una trattativa con l'Ue per ottenere nuova flessibilità.

 

Edilizia nel mirino

Gli interventi riguardanti il comparto immobiliare dovrebbero essere di due tipi. Innanzitutto sono previste misure per imporre una maggiore efficienza nei consumi energetici degli immobili pubblici. Esiste già un piano in merito, con 130 possibili misure, che potrebbero generare risparmi stimati in 1,4 miliardi. Tra questi vi sono i cosiddetti Federal Building, con la previsione di accorpamento in un unico immobile di diverse strutture. Qualche esempio: a Messina sette uffici giudiziari saranno concentrati all'interno di un ex nosocomio militare, mentre a Piacenza nascerà un nuovo ospedale adibendo a nuova funzione un'area militare. 

L'agenzia del demanio ha calcolato che dei 44.623 beni pubblici al 2016, dal valore di 60 mld di euro, l'84 % è in uso governativo, suddiviso tra ministeri e loro articolazioni territoriali.

 

Rispunta la riforma del Catasto

Torna poi ad affacciarsi l'ipotesi di riformare il Catasto, privilegiando il calcolo per metri quadri al posto di quello per vani dell'immobile.

Già da tempo l'Agenzia delle Entrate ha reso disponibili sulle visure catastali i dati di superficie per 57 milioni di unità immobiliari censite nelle categorie A (abitazioni e uffici), B (edifici pubblici) e C (negozi, laboratori, box).

Tuttavia finora il debutto del nuovo sistema per il calcolo delle imposte sul mattone è sempre stato rinviato per il timore di proteste da parte di chi si trovasse a pagare più che nel passato.

 

I pareri degli esperti sul tema sono diversificati. "Leggiamo sulla stampa che il Governo Gentiloni starebbe pensando di riesumare quella riforma del catasto che il Governo Renzi aveva ritirato, nel giugno del 2015, perché non forniva adeguate garanzie di invarianza di gettito, aprendo all'opposto uno scenario di ulteriori aumenti di tassazione sugli immobili, mascherati attraverso improbabili redistribuzioni", scrive Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia. Per il quale "l'urgenza non è la riforma del catasto, ma una decisa riduzione di un carico fiscale che dal 2012 è stato quasi triplicato e che continua a causare danni incalcolabili a tutta l'economia".

 

Mentre per Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l'università Sapienza di Roma, "il buon senso imporrebbe di procedere al più presto alla revisione delle rendite catastali, mettendo fine alle clamorose sperequazioni esistenti soprattutto nei grandi centri urbani e ancorando i valori a criteri improntati il più possibile all'equità sociale". Secondo l'esperto, per rendere organica la riforma si potrebbe studiare una progressività delle imposte proporzionata alle disponibilità finanziarie del proprietario: "Pagare Imu e Tasi anche sulla prima casa non costituirebbe un problema per chi ha un reddito consistente, mentre si potrebbero contenere gli importi, ad esempio, per coloro che si trovassero a ereditare una abitazione di pregio non avendo delle entrate adeguate", conclude.

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