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20 Novembre 2014

In Cina si aggrava le crisi del mattone

di M.S.

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A Pechino inizieranno a rimpiangere gli anni in cui per bloccare l'eccesso di vendite di case nelle grandi città cinesi ad altissima densità abitativa, le autorità e le banche avevano imposto, da un certo momento in poi, l'acquisto di una sola residenza a persona, in modo da impedire di speculare sul mattone.

Ora è tutto diverso, lo scenario è l'opposto: di case se ne comprano molte meno e i costruttori rischiano di accumulare invenduto (e per questo cercano alleanze e canali di marketing innovativi, vedi il caso del maxi developer Vanke).

I prezzi sotto pressione in circa 70 delle principali città cinesi e per la fine di quest'anno le stime parlano di un un 5-10% di vendite in meno rispetto all'anno scorso. A certificare lo stato di crisi è anche il China Real Estate Index System, da gennaio a ottobre il volume di metri quadrati venduti nelle 42 principali città cinesi è caduto del 12% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.

Il governo centrale, reduce da anni ante 2012, in cui il pericolo numero uno era esattamente il contrario di quello attuale, ovvero il surriscaldamento dei prezzi e il rischio di una bolla speculativa pronta a scoppiare da un momento all'altro, ora si trova dall'altra parte della barricata.

Ovvero, come stimolare le compravendite, oggi bloccate da un clima economico incerto, che vedrà il Gdp del 2015 salire tra il 6,5 e il 7,2% (troppo poco per un Paese abituato come la Cina ad aumenti di Pil a due cifre percentuali). Il rimedio è passare dalla leva dei mutui, ovvero facilitare l'accesso al credito per l'acquisto della prima e anche della seconda casa con interessi vantaggiosi, ma gli effetti sperati per ora non si vedono. 

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