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17 Aprile 2015

I crediti incagliati frenano la ripresa dei mutui casa

di Cristina Giua

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La buona notizia è che la morsa sul credito in area Euro si sta un po' per volta allentando.

Gran parte del merito se lo prende il piano di Qe (Quantitative easing) attivato dalla Bce, che sta dando i primi segnali positivi, anche dal punto di vista di un miglior approccio psicologico al mercato dei capitali.

Questo, nel calderone del credito alle imprese e alle famiglie, dovrebbe voler dire anche mutui un po' più semplici da ottenere per chi in Italia deve comprare casa ricorrendo ad un prestito in banca.

Non proprio vero, come segnala uno studio Confcommercio, che analizza gli ultimi dati elaborati da Banca d'Italia e Abi.

Risultato: sul fronte stock dell'erogato a famiglie e imprese, sia dai dati di febbraio che dalle stime di marzo, appaiono ancora segnali di riduzione.

Rispetto al massimo storico di giugno 2011 mancano all'appello oltre 100 miliardi di euro di prestiti (1.409 miliardi a marzo 2015 contro i 1.513,6 miliardi di giugno 2011).

Considerando, inoltre, l'effetto dell'aumento dei prezzi al consumo, il potere d'acquisto del complesso dei prestiti a famiglie e imprese risulta oggi ancora inferiore ai livelli di fine 2007.

In termini congiunturali a febbraio le somme prestate sono rimaste al palo sia per le imprese sia per le famiglie, compresi i mutui per la casa.

Per marzo la stima dell'Abi indica una moderata ripresa, rispetto a febbraio: questa, se confermata, è l'indicazione più favorevole per leggere una trasmissione degli impulsi monetari all'economia reale. 

Resta invece centrale e irrisolto il vero grande scoglio, ovvero il problema della massa di crediti in sofferenza o Npl (Non performing loan) nei bilanci delle banche che sta limitando il funzionamento dell'erogazione del credito al tutta l'economia.

Come risolverlo? Il Governo Renzi - appoggiato anche da Bankitalia - sta pensando ad una soluzione bad bank,  come quelle già adottate e sperimentate in altri Paesi europei per il credit crunch post 2007.

"Il miglioramento delle condizioni economiche reali e finanziarie non rende meno necessaria e urgente la costituzione di un veicolo speciale di gestione dei crediti in sofferenza – suggerisce il report - proprio al fine di irrobustire i segnali di ripresa che si stanno manifestando".

Quella dunque una delle poche vie praticabili, anche se resta tutta da risolvere la questione di chi sosterrà le spese di una bad bank: solo le banche o anche le tasche dei contribuenti italiani

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