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Non si ferma più, Manfredi Catella. Il regista della grande trasformazione di Milano dove in pochi anni ha fatto sbarcare gli emiri del Qatar (“L’operazione di Porta Nuova ha anticipato il cambio di tendenza”, dice), gli sceicchi di Abu Dhabi (l’ex torre dell’Inps), il fondo dell’Azerbaijan (la camera di commercio), ha appena condotto in porto la non scontata quotazione della sua Coima Res, la Società di investimento immobiliare (Siiq) dedicata agli immobili da mettere a reddito. Nemmeno il tempo di prendere fiato, ed eccolo di nuovo in pista. Questa volta con l’altro braccio del suo gruppo, la Coima Sgr: “Stiamo mettendo a punto – ha rivelato l’AD intervistato da La Stampa – un nuovo fondo dedicato allo sviluppo. Sto parlando con potenziali investitori, per ora non dico di più”.
Dottor Catella, dopo la fine del sodalizio con Hines, la quotazione è stata la vera svolta?
Un’azienda che fa il nostro mestiere diventa adulta quando riesce a raccogliere denaro attraverso veicoli con la delega a investire in piena discrezionalità. Il nostro doppio salto mortale, ma lo definirei “vitale”, è stato raccogliere capitale discrezionale dagli investitori più prestigiosi.
La Siiq però stenta a decollare nelle quotazioni di Borsa.
Ce lo aspettavamo. Per le Siiq sono determinanti la qualità degli investimenti e la velocità con cui si fanno. Guardiamo a casi analoghi al nostro: il titolo comincia a marciare quando, dopo aver investito il capitale nel giro di un anno si fanno le prime performance e si può lanciare il secondo aumento, portando il capitale ad almeno un miliardo.
Qual è il punto di arrivo?
Veicoli simili al nostro arrivano a 3-5 miliardi nel giro di 5 anni. Anche se non è un obiettivo primario è possibile che ci arriveremo anche noi: serve a entrare negli indici e attrarre gli investitori che basano le loro scelte anche su questo.
Si è parlato dell’interesse per la sede di Sky a Milano. Quando ci saranno le prime operazioni?
Presto. Oltre al Vodafone Village e alle 96 filiali di Deutsche Bank tra le altre cose guardiamo alla sede Sky ma non solo. Stiamo valutando molte opportunità.
E con la Sgr?
Di sicuro guardiamo agli scali ferroviari di Milano da trasformare: Farini, Porta Romana, Porta Genova, Lambrate. Ma anche all’area dell’Expo.
Sempre e solo a Milano?
Dopo Porta Nuova, Citylife, Expo, Milano ha dato prova di cambiamento. All’estero è considerata tra le grandi città europee.
Cosa non va a Roma?
È rimasta ferma, non ha avuto la stessa rigenerazione. Ci sono progetti interessanti come la nuova sede di Bnl-Bnp Paribas. Ma resta una città complessa da capire per chi guarda da fuori. Noi contiamo di investirci come faremo in altre città collegate con l’Alta velocità.
Chi punta oggi sul mattone?
In epoca di tassi zero e di volatilità alle stesse, l’immobiliare offre rendimenti tra il 4 e l’8%. Rispetto al ciclo precedente, sul mercato europeo si affaccia una moltitudine di investitori esteri molto superiore. C’è l’Asia, con fondi malesi, coreani, cinesi, il Medio Oriente, i fondi pensione canadesi. Il Giappone ancora manca, ma potrebbe arrivare.
Arrivano anche in Italia?
Vanno a Londra, a Parigi. Quando arrivano qui sono più timidi, attenti.
Perché?
Per almeno quattro ragioni. Mentre a Londra, per esempio, molti di loro hanno uffici e hanno già investito, non hanno esperienza con l’Italia. Le transazioni medie qui sono da 10-20-30 milioni: taglie troppo piccole per dei giganti. I quali si scontrano con una complessità amministrativo-burocratica che li spaventa. E trovano una filiera di operatori immobiliari italiani ancora giovane in fatto di reputazione e rendimenti.
Quindi non superano le Alpi?
I segnali ci sono, Qatar e Abu Dhabi - in un’ottica di lungo termine - hanno investito addirittura quando il clima era molto più incerto di oggi. Ora ci sono presupposti nuovi. C’è una stabilità politica che prima era un miraggio, all’estero guardano con favore le riforme. Un po’ di strada è stata fatta. Si deve andare oltre.
Qual è la posta in gioco?
Il potenziale è enorme: in circolazione ci sono soldi per riqualificare l’intero Paese. Il governo può fare molto, agendo sulle regole e sulle infrastrutture. Serve un mercato dei capitali più sviluppato, con strumenti anche quotati come il nostro per chi può investire solo in veicoli trattati in Borsa.
Se nulla cambia cosa si rischia?
Di vedere per lo più operazioni col contagocce: le gocce cadono su prodotti col minor profilo di rischio, come l’ex sede Unicredit, in Piazza Cordusio a Milano, dove l’acquirente va sul sicuro. Servono una pianificazione pubblica, incentivi mirati. Non vedo perché Milano non possa diventare una nuova Londra, che 20 anni fa non era certo quella di oggi. Sono i presupposti per creare altre Porta Nuova.
È online il nuovo numero di REview. Questa settimana: Delisting: il 7 agosto anche Il Sole 24 Ore lascia Piazza Affari; B
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