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29 Marzo 2017

Brexit: affare fatto?

di Paul O'Connor, Head of Multi-Asset di Henderson Global Investors

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E’ giunto il momento, il Primo Ministro Theresa May attiverà mercoledì l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, dando ufficialmente il via all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. La previsione è quella di un’uscita entro aprile 2019, con due anni di tempo per definire i dettagli della separazione, come accordi commerciali e molte altre minuzie tecniche.

Nessun membro aveva mai lasciato l’Unione, quindi non è possibile prevedere cosa succederà. L’unica cosa certa è che la mano passa ora all’Unione Europea, che deve dettare le regole e la tabella di marcia per le negoziazioni. Una prima bozza emergerà nei prossimi giorni, anche se la consuetudine vuole che ci sia prima un faccia a faccia formale tra le due parti in causa. Un incontro impossibile da realizzare prima di maggio o giugno.

Il fattore tempo

Il tempo è un fattore chiave per l’andamento delle negoziazioni. I diversi livelli sul quale si muove la trattativa dovranno essere esplorati entro l’autunno del 2018, rendendo quindi molto più breve il periodo del confronto. Un altro tema importante è la sequenza dei temi trattati. Mentre il Regno Unito vuole negoziare diversi elementi in parallelo, alcuni membri dell’Unione hanno richiesto una discussione punto per punto. A complicare le cose ed impedire una eventuale proroga nelle trattative ci sono le elezioni del parlamento europeo, in programma per maggio 2019.

Affare fatto?

Il processo inizia con scarso ottimismo. Considerando che il trattato commerciale tra UE e Canada è stato concluso in sette anni, senza nessun tipo di ostruzione, è molto probabile che non sarà possibile raggiungere un accordo entro il 2019. Un’hard Brexit minerebbe la posizione del Regno Unito nel WTO, minando l’attrattività del mercato britannico e portando potenzialmente a conflitti politici interni al regno.

Anche se una o entrambe le parti cambiassero la loro posizione all’interno della trattativa, è difficile prevedere un esito positivo nella finalizzazione di un accordo. E’ molto più probabile che si raggiungerà un accordo transitorio, che faccia da ponte verso le disposizioni definitive. Durante il periodo di transizione però è molto probabile che continueranno a rimanere in vigore molte delle condizioni attuali, frustrando il desiderio dell’attuale governo di raggiungere il pieno distacco. Il costo politico è semplicemente troppo alto. Saranno necessari grandi doti di negoziazione a livello politico per allontanare lo spettro dell’hard Brexit nel poco tempo rimasto.

L’asso nella manica

Un possibile elemento che potrebbe cambiare lo scenario internazionale è stato presentato dalla corte di Dublino, che ha richiesto alla Corte di Giustizia europea   la possibilità di revocare l’articolo 50 del trattato. Le opinioni su questo punto sono molto divise, ma l’esito potrebbe pesare enormemente sulle attuali negoziazioni. Se la notifica non potrà essere revocata, il parlamento avrà un impatto trascurabile sul processo di Brexit, visto che l’accordo finale potrebbe essere presentato in termini di “tutto o niente”. Se invece l’articolo 50 risultasse revocabile, la prospettiva di un rifiuto dell’accordo da parte del parlamento diventerebbe plausibile e la possibilità di un secondo referendum diventerebbe sempre più concreta.

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