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21 Luglio 2017

Adesso il super-euro fa paura

di Luigi Dell'Olio, Monitorimmobiliare

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La riunione della Bce più attesa dell’anno è andata in archivio senza colpo ferire. Il presidente Mario Draghi ha ricordato che l’economia dell’area sta consolidando la crescita (“La ripresa è robusta, ma l’inflazione non è ancora dove vogliamo che sia”, ha sottolineato), ma con un ritmo ancora troppo lento per togliere gli stimoli monetari che la sostengono da anni, dal momento cioè che è finita in discussione l’esistenza stessa dell’euro.

Rischi per l’export

Le parole di Draghi hanno lasciato intuire che la fine del quantitative easing non è prossima e la reazione più immediata del mercato è stato un nuovo balzo dell'euro, arrivato a quota 1,165 sul dollaro. Non che qualcuno si aspettasse un rialzo dei tassi già ora, ma un’apertura della discussione su tempi e modi della rimozione dello stimolo monetario a partire dal prossimo anno sì. E invece l’Eurotower rinvia qualsiasi approfondimento in merito all’autunno, dopo l’arrivo di nuovi indicatori sullo stato della congiuntura. Dunque, tutto rinviato alla riunione del 7 settembre, se non addirittura a quella del 26 ottobre.

In queste condizioni, e a fronte della diffidenza che si respira sul mercato verso gli Usa di Trump, la moneta unica rischia però di diventare un grosso problema. Sia per le aziende del nostro Paese, tradizionalmente orientate verso l’export e quindi penalizzate dal super-euro, sia per l’inflazione, che in queste condizioni difficilmente rialzerà la testa. E sappiamo bene quanto sia importante un moderato rialzo dei prezzi per spingere i consumi e gli investimenti, a cominciare dall’ambito immobiliare.

La lettura dei money manager

Per Philippe Waechter, chief economist di Natixis Asset Management, il programma di acquisto degli asset da parte della Bce (60 miliardi di euro al mese) verrà probabilmente abbassato nel 2018, “in quanto la ripresa è vigorosa, ma non avremo una data ultima fino a quando il tasso di inflazione al 2% non si registri in tempi rapidi. Ci aspettiamo 60 o 40 miliardi al mese dopo dicembre 2017”. Francoforte, ricorda, “non ha necessità di velocizzare il cambiamento della sua politica monetaria in quanto il suo impatto è asimmetrico. Un cambiamento troppo repentino si dimostrerebbe un rischio negativo per la ripresa e non è quello che la Bce vuole per l’economia dell’area Euro”.

Dello stesso avviso è Vincenzo Longo, market strategist di Ig, per il quale il rallentamento degli stimoli da parte della Bce non avverrà prima di metà del prossimo anno, aspettativa che giustifica il rialzo dell’euro verso le principali valute mondiali. “Manteniamo ferme le aspettative per una correzione di breve, prima che il cambio riparta verso gli obiettivi collocati a 1,17”, sottolinea. Ora tutte le attenzioni vengono rivolte alla Federal Reserve la prossima settimana. “La Yellen dovrà essere più brava di Draghi nel dare un messaggio più accomodante agli investitori visto che i segnali che arrivano sia dalla sfera economica sia da quella politica stanno gettando ombre sulla sostenibilità della crescita del paese a stelle e strisce”, aggiunge Longo.



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